Dentro la CGIL AVC -CZ KC VV- chi la pensa diversamente è un apostata da isolare. Sciopero Generale per la sicurezza sul lavoro.

l'apostata

Mentre i lavoratori continuano a morire sul lavoro per i dirigenti le iniziative sindacali nel territorio della CGIL AVC si debbono limitare ad organizzare momenti di incontri sulle piattaforme telematiche che non mettono al centro la sicurezza sul lavoro, ma si limitano ad elaborare iniziative che con la realtà del nostro territorio sono lontanissime o poco attinenti. Nella gran parte delle volte la discussione è soltanto una sorta di parlarci addosso tra dirigenti, dove l’assenza dei lavoratori è ormai una costante. Ormai la Confederazione sembra più un’agenzia distaccata alla pari di quella del nostro conterraneo Ruggero Pegna, che un sindacato che si occupa delle condizioni dei lavoratori e della loro tutela. Ci piace più usare i social per lisciare il pelo alla lotta, che farla effettivamente nei territori. Stiamo diventando più blogger o influencer che sindacalisti di strada, per come vuole il nostro segretario nazionale Landini.

Alcune di queste iniziative, servono più a un legame territoriale con la politica partitica che all’interesse dei lavoratori. Bisogna registrare ulteriormente che la centralità politica della Città di Catanzaro dopo l’unificazione dell’Area Vasta Centro è stata cancellata persino nell’acronimo. Non si identifica più in Area Vasta Centro, nome votato dall’Assemblea Generale nel documento politico di unificazione territoriale, ma soltanto in Area Vasta. Il centro del nuovo perimetro di competenza è diventato ormai una periferia senza identità politica. Il capoluogo di Regione, Catanzaro, è diventato per la CGIL AVC un territorio da colonizzare e cancellarlo definitivamente, persino dalle bandiere della Confederazione. La stessa Confederazione dopo l’elezione del nuovo segretario e la sua segreteria, è piegata dentro una burocrazia della politica d’appartenenza al “capo”. L’assenza di critica e l’appiattimento delle discussioni non fanno bene al sindacato e alla CGIL AVC, ma soltanto per coloro che si trovano a dirigerla con un fare padronale. Il Mastro don Gesualdo del Verga ne è stato preso come esempio. Una opinione diversa dentro l’organizzazione è trattata come una sorta di apostasia. Non c’è più una pluralità di idee nella CGIL AVC, ma soltanto un pensiero unico dal quale chiunque si permette di dissentire, è considerato un apostata da isolare e renderlo innocuo. Persino con una sorta di denigrazione personalizzata indirettamente espressa. Finanche l’area programmatica denominata Aggregazione programmatica CGIL Area Vasta Cz-KR-VV: Protagonismo Partecipazione e Unitarietà, costituita di recente che aveva espresso nel suo documento costitutivo, una assoluta divergenza politica di metodo e di condotta, si è flessa come succede di solito, alle metodologie ormai ossificate dei comportamenti e delle parole, dentro una subalternità di comodo soltanto per racimolare incarichi e sistemazioni, in una quadratura di un cerchio all’interno di una totale devozione politica.

Invece di adottare una politica per far emergere la contrattazione d’anticipo per limitare i danni degli appalti e dei sub appalti e della frammentazione del lavoro, ci limitiamo a registrare senza adottare nessuna strategia, le conseguenze che questi danni fanno ai lavoratori. Invece di impedire alle aziende l’utilizzo del Jobs Act con iniziative di lotta, unendo gli stessi lavoratori, ci limitiamo ad osservare come le aziende mettono in contrapposizione tra chi è ancora protetto dall’articolo 18 e chi non lo è. Nella nostra regione e in special modo nel territorio di competenza della CGIL AVC è quasi totalmente assente la contrattazione di secondo livello, ma ormai la politica dei nostri dirigenti territoriali, invece di partire dal basso, dalle effettive condizioni dei lavoratori, viene calata dall’alto soltanto per far bella figura con i compagni del nazionale che ad ogni occasione sono invitati. E anch’essi invece di registrare le incongruenze sindacali con gli argomenti trattati, si limitano a svolgere il loro compito con il loro solito intervento che potrebbe essere sbobinato e letto in qualsiasi altra iniziativa in qualsiasi regione d’Italia.

In alcuni casi, i lavoratori non conoscono nemmeno il loro CCNL di appartenenza. In altre ancora persino le assemblee che debbono essere svolte obbligatoriamente per votare il rinnovo dello stesso CCNL, sono superflue. L’obiettivo della politica sindacale non è quello di emancipare i lavoratori nella conoscenza dei loro rispettivi diritti, ma tenerli dentro una bolla burocratica, che nella maggior parte delle volte serve soltanto per consolidare il potere dentro l’organizzazione e dentro le categorie sindacali del segretario generale di turno. In altre iniziative, parliamo di contrattazione inclusiva in seminari formativi sperimentali, alla presenza dei formatori nazionali, ma nella quotidianità della nostra azione sindacale è assente. Invece di adoperarci per far applicare e monitorare i protocolli nazionali sulla diffusione del covid-19, nei siti dove vorremmo applicare la contrattazione inclusiva, ci limitiamo ha fornire ai nostri delegati sindacali ipotetici percorsi irrealizzabili che con le condizioni reali degli stessi lavoratori sono lontani. L’inclusività proprio in questo periodo pandemico potrebbe essere declinata dalla costituzione dei Comitati per come prescrive il protocollo, ma per i nostri docenti alla formazione sindacale è più importante parlare e veicolare ai lavoratori la possibilità dell’istallazione di pale eoliche o pannelli solari per la riduzione dell’inquinamento. Non interessa se nelle piccole aziende, si è istituito il Comitato Territoriale composto dagli organismi paritetici per la salute e la sicurezza. Per non parlare della stesura dei DVR o DUVRI che nella maggior parte dei casi, per i lavoratori stessi sono documenti che mai nella loro vita lavorativa hanno potuto consultare. In alcuni casi, persino gli RLS, non possono consultare i documenti di valutazione dei rischi. In altre ancora, specie dove non c’è nessuna sindacalizzazione dei lavoratori, sono eletti con la complicità del padrone, per assolvere l’obbligo burocratico dettato dal D.lgs. 81/08. Per non parlare di tutte quelle piccole aziende che hanno conosciuto gli Enti Bilaterali e i rispettivi organismi paritetici, soltanto per poter accedere alla Cassa Integrazione.

In questi giorni apprendo dai giornali che la SLC si sta organizzando per formare i suoi RLST. La Fillea a livello regionale ugualmente si sta impegnando, e conoscendo ambedue i loro segretari generali, sono certo che sulla sicurezza metteranno in campo tutte le iniziative necessarie. Sono altrettanto certo, dell’assenza di qualsivoglia iniziativa, sia in riferimento alla costituzione dei Comitati Aziendali che Territoriali per come indicati dal protocollo, della Fiom AVC. Per la Fiom AVC ormai la sicurezza sul lavoro è soltanto un argomento burocratico, da esaminare soltanto per incensarsi nei vari incontri istituzionali e di rito. Io penso che sia finita la metodologia comunicativa con la quale le parole sono apprezzate più per devozione che per effettiva condivisione. Allungo andare si capisce, chi è libero veramente o chi è assoggettato alla narrativa e alle parole che si recitano per sopravvivere in un contesto in cui la propria libertà è manomessa o condizionata da interessi personali.

Proprio in virtù dei numerosi morti sul lavoro che in questi giorni si sono registrati. Proprio in virtù del fatto che nel nostro territorio di competenza della CGIL AVC, negli ultimi anni i morti sul lavoro sono quasi una costante, credo che sia venuto il momento d’iniziare una capillare informazione sindacale permanente adottando tutte le iniziative necessarie per sensibilizzare i lavoratori e indire prima possibile uno Sciopero Generale per denunciare la strage continua che i lavoratori sono costretti a subire sia nel nostro territorio che nell’intero territorio nazionale. 3 morti al giorno, sono la cifra di quanto non possiamo attendere ulteriormente. La precarietà del lavoro, le condizioni di sottomissione che in molte aziende i lavoratori subiscono, sono il vero problema. Non si muore perché non si è formati, anche se è necessario incentivare una formazione continua sulla sicurezza, il vero problema è la condizione in cui i lavoratori sono costretti a lavorare, assoggettati dalla possibilità di perdere il lavoro, molte volte sono costretti a non denunciare le irregolarità e la precarietà in cui si trovano a lavorare. La Confederazione e le categorie sindacali della CGIL AVC non possono limitarsi a segnalare i morti sul lavoro attraverso l’ormai retorica dei comunicati stampa o dei minuti di silenzio nelle varie istanze sindacali. È arrivato il momento di fare rumore è arrivato il momento di dichiarare uno Sciopero Generale, mobilitando tutte le realtà sociali territoriali. Le Scuole le Università i Partiti i diversi sindacati, tutti dentro una coalizione sociale per dire una volta per tutte che non si può morire sul lavoro. Per definire una volta per tutte che i morti sul lavoro non sono morti bianche o incidenti, ma veri e propri omicidi volontari. Anche se non trovassimo condivisione sullo sciopero generale, la CGIL AVC dovrebbe da sola nelle province di competenza prendersi la responsabilità di indirlo ugualmente.