Bologna ha fatto Bologna. Al di qua del Pollino Bologna l’ha fatta Cosenza. 

Dall’altra parte del mondo, l’eclissi è durata per una manciata di minuti. Per poco la luce si è infranta sulla luna. Alle nostre latitudini, l’eclissi non è un evento cosmico temporaneo per pochi minuti, ma ormai uno stato permanente. Non è la luna che si mette di traverso, ma una politica, un modello economico, che allo stesso modo di una eclissi, si pone tra la vita e la morte dei lavoratori.  Se oggi con certezza matematica sappiamo quando la luna si mette di traverso al sole, non sappiamo con la stessa esattezza,  quanti lavoratori sono impegnati in un unico cantiere, e quanti appalti e sub appalti, sono stati generati per lo stesso cantiere.  

A Firenze i lavoratori si son riconosciuti da morti, mentre da vivi non sapevano chiamarsi per nome, anche se lavoravano nello stesso cantiere. Oggi tutti i sopravvissuti a quella tragedia, all’incirca 40, si conoscono tutti, perché stanno proseguendo la lotta per i mesi di lavoro svolti e non retribuiti, prima della tragedia. Nella provincia di Prato, Luana è morta perché il padrone ha manomesso la macchina, per aumentare la produzione.  L’ultima tragedia in ordine di tempo e quella della diga di Suviana, anche in questo cantiere non si conosceva con esattezza il numero dei lavoratori. Il nomi riaffiorano solo quando sono stati ritrovati morti. Anche in questo ultimo incidente, c’è di mezzo un sub appalto.  – Sul foglio di cantiere, dove sono annotate tutte le informazioni sull’esecuzione dei lavori di manutenzione straordinaria alla centrale idroelettrica Enel di Bargi, si legge che il “numero massimo presunto di lavoratori in cantiere” è 5. Nella riga successiva si legge: “Numero previsto di imprese e di lavoratori autonomi in cantiere” è invece 7. E purtroppo i conti non tornano: erano 15 i lavoratori impegnati martedì scorso a 40 metri sotto il livello dell’acqua della diga di Suviana quando è avvenuta l’esplosione. Tutti alle dipendenze delle varie aziende coinvolte. Dalla multinazionale tedesca Voith, per arrivare alla stessa Enel Green Power e alle imprese della filiera del subappalto, a partire da Engineering Automation.- Un soccorritore, immerso dentro le macerie della struttura ricoperte dall’acqua, una volta emerso ha detto:  “è come la nave Concordia”. Però a differenza della Concordia, non ci sarà nessun capitano Di Falco che urlerà a qualcuno, che gli farà passare:“l’anima dei guai”. Non ci sarà un comandante Schettino, ma una responsabilità fittizia, generata da una legislazione sugli appalti e subappalti , completamente ingovernabile e criminogena. 

Un disco nero che si mette di traverso, tra sicurezza e il guadagno speculativo. Un disco nero, che copre la luce della legalità, e lascia spazio libero agli appetiti senza scrupoli, di chi con il beneficio delle tenebre vuole speculare sulla sicurezza del lavoro. Con la certezza statistica, che una azienda, per 15 20 anni non avrà nessun controllo ispettivo dagli enti preposti. 

Anche se non si usano armi da fuoco nel lavoro: la precarietà, i carichi e i tempi di lavoro inaccettabili, l’assente formazione sulla sicurezza dei lavoratori, gli appalti i sub appalti a cascata, sono componenti che alla fine si armano da sole, e diventano mine anti uomo. Non c’è bisogno nemmeno di calpestarle per farle esplodere. Quando tutte queste precarietà si concentrano in un solo cantiere: la mina esplode e lacera le carni dei lavoratori. Se nella Palestina il termine da usare per la morte dei palestinesi è genocidio, i morti sul lavoro sono omicidi, e una legge che introduce il reato di omicidi sul lavoro, diventa necessaria.  Ma che sia più vincolante di come lo è il diritto internazionale in Palestina.  

C’è un dato che dovrebbe farci riflettere. Gli incidenti mortali, avvengono prevalentemente in medie e piccole aziende. E non si fa in tempo a fare un minuto di silenzio, che bisogna farne un’altro per ogni settimana che viene. Il silenzio è ormai una retorica del dolore. I morti sul lavoro, riempiono di silenzio, quello che invece dovrebbe essere riempito di rumore. Una onda d’urto che frantuma questo disco nero, di politiche e leggi balorde, che si frappongono tra la vita e la morte dei lavoratori.  

A fare davvero impressione, però, sono i numeri del Catanzarese. Maglia nera a livello nazionale, la provincia di Catanzaro è quella con più incidenti mortali per numero di lavoratori. In media, ogni 25 persone uno rischia di non fare ritorno a casa.