Cenadi: le donne, carne da macelleria politica

Ho mandato al prefetto un esposto-denuncia in relazione alla composizione della giunta e all’assenza ingiustificata di alcuni consiglieri al consiglio comunale. Non credo che sarà accolto, anzi penso che queste questioni dovrebbero essere affrontate politicamente e non con esposti-denuncia di natura puramente burocratica. Ma la politica a Cenadi non esiste più. L’omertoso comportamento, la paura di esporsi direttamente, il silenzio dei tanti compaesani è un segnale evidente di come non solo la politica non esiste ma ormai si è degenerata.  Non solo non esiste, ma è lontana anni luce dall’affermazione con cui Papa Francesco la definisce: «La politica è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune.» (Fratelli tutti). Di fronte a queste parole, mi chiedo: com’è possibile che un sindaco e un vicesindaco riescano a rimanere in carica soltanto manomettendo la democrazia?

Già il fatto di aver presentato una lista civetta alle ultime elezioni per assicurarsi la vittoria è da considerarsi immorale. Ma se poi entriamo nei dettagli, è assurdo e immorale che un consiglio comunale continui a essere considerato legittimo grazie a una maggioranza dimezzata e a un’opposizione in evidente e palese conflitto di interessi.

È politicamente disonesto continuare ad amministrare con il solo appoggio di chi non siede in consiglio comunale per il bene del paese, ma solo per permettere a un sindaco ormai delegittimato dai fatti di ricoprire la carica e incassare l’indennità, dopo aver deciso di indebitare il comune per molti anni. È immorale ed eticamente deplorevole garantirsi le presenze in consiglio grazie all’appoggio della moglie del cognato del sindaco, nonché del marito del cognato del vicesindaco. Per non parlare di altre persone che siedono in consiglio e assicurano la loro presenza non per fini collettivi, ma solo per ottenere o mantenere qualche beneficio personale.

Ma ciò che è ancora più immorale—e questo si lega anche al mio esposto-denuncia sulle quote di genere—è usare le donne come merce di scambio per garantirsi i voti necessari a rimanere in carica. Se il sindaco avesse davvero voluto garantire il rispetto delle quote femminili in giunta, al di là dell’imposizione legislativa, avrebbe potuto nominare una delle donne presenti nella sua maggioranza. Ma a lui le donne non servono per governare, servono solo per fare numero.

«Non si nasce donne: si diventa.» E allora mi chiedo: quanto il sesso femminile nel nostro consiglio comunale è realmente rappresentato da donne consapevoli e quanto, invece, da figure che non hanno ancora acquisito una reale coscienza di sé? Tina Anselmi sosteneva: «Dobbiamo imparare ad alzare la testa e a non accettare quello che ci viene imposto.» Vorrei tanto che le donne di Cenadi si ribellassero e, invece di essere usate come merce di scambio elettorale dai mariti o dalle loro famiglie, prendessero coscienza del loro ruolo sociale, etico e morale, senza trasformarsi in strumenti di un potere maschilista e patriarcale.

È evidente a tutti che nessuna delle donne oggi presenti in consiglio comunale ha un minimo di esperienza politica, né ha mai dimostrato, nel corso della propria vita, alcun interesse sociale. Ancora meno possiedono una professionalità specifica che le renda almeno consapevoli di quello che votano, alzando solo la mano a comando. Sono state messe lì solo per fare numero, niente di più. E se a Cenadi esistesse un vero rispetto per la donna in quanto tale, tutto ciò dovrebbe suscitare un’indignazione collettiva. Ma questo non avviene, perché il limite della vergogna si è abbassato a tal punto da non suscitare più alcuna reazione.

Avevo chiesto ai miei compaesani di essere avvertito quando sarebbe stata fissata la convocazione del consiglio, ma nessuno lo ha fatto. Ormai il comune è diventato un luogo riservato ai soli amici degli amici o parenti dei parenti. Dovrebbe essere un’istituzione trasparente, e invece è coperto da una sorta di omertosa coscienza antidemocratica. Mi sono fatto un giro per vedere se fossero stati affissi avvisi nelle bacheche del paese, ma non ne ho trovati. Questo modo di amministrare è talmente criminogeno che faccio fatica a distinguerlo da un sistema abusivo, per non dire altro.

È paradossale, per non dire disonesto politicamente, approvare un documento ispirato alla Fratelli tutti e, allo stesso tempo, attuare una politica di isolamento, chiusura e mera burocrazia, per poi dichiarare di aderire ai principi espressi nella stessa enciclica di Papa Francesco. Con delibera n. 7 del 13/03/2025, il consiglio ha approvato un documento relativo alla Rete Internazionale di Fraternità Umana, ma considerando la sua composizione e le logiche su cui si regge, più che di fraternità umana, dovremmo parlare di rete parentale di interessi. Una cosa è aderire ai valori espressi da questa rete di fraternità, che promuove: Collaborazione inter-istituzionale, Sussidiarietà e solidarietà, Partecipazione giovanile. Un’altra cosa è aderire solo burocraticamente, eludendo di fatto, con i propri comportamenti, i principi ispiratori della rete stessa. Una cosa è leggere il Vangelo, un’altra è lasciarsi leggere dal Vangelo. Una cosa è considerarlo letteratura ispirata, un’altra è farlo diventare carne viva nella quotidianità politica, sociale e personale.