Cenadi: resoconto di una quarantena obligatoria.

Il diavolo fa pentole e coperchi, ma nel mio Paese,  fa pure la maggioranza e l’opposizione consigliare. Il sindaco il vicesindaco l’assessore e a compagnia.

Tutto viene compresso dentro alle nostre istituzioni locali, usati più come pennacchio, che per servizio alla comunità che amministrano. Ne abbiamo avuto le prove in questa crisi pandemica che stiamo vivendo. L’amministrazione il sindaco e la sua compagnia si è trovata costretta a prendere provvedimenti dopo che la presidente Santelli con una sua ordinanza ha dovuto chiudere il comune di Cenadi insieme a quello di Chiaravalle Centrale dopo i numerosi casi di contagio nella RSA Domus Aurea. Una nostra compaesana che lavorava presso la RSA Domus Aurea è stata contagiata e messa in quarantena. Quello che è successo alla RSA Domus Aurea di Chiaravalle non può passare sottobanco. Non è passato sottobanco per i sindaci nel circondario che hanno contestato da subito un possibile mantenimento dei pazienti dentro la struttura. La loro protesta ha avuto il merito di sollecitare quello che da prima non era stato correttamente eseguito. Una catena di comando che non ha saputo gestire l’emergenza causando molti morti. L’emergenza gli è scappata dalle mani e oggi credo che sia necessario venirne a capo, visto che la procura ha aperto un procedimento giudiziario. Credo che sia giusto, ricercare tutte le eventuali responsabilità. Sono ancora convinto che il lavoro del Procuratore Gratteri e insieme alla sua squadra, farà emergere le responsabilità e spero che possa far emergere il vero problema che in Calabria è sotto gli occhi di tutti: la Sanità più in generale. Partendo dalle RSA o alla medicina territoriale e finendo agli ospedali.

Non serve ripercorrere gli aspetti nazionali o internazionali della diffusione del virus. Non serve nemmeno dire che la devastata sanità calabrese, non reggerebbe ad una diffusione del virus per come si è registrata nei comuni della Lombardia e del Veneto.

L’immagine che rimane nei miei occhi sono i camion militari che portano le bare. I racconti dei parenti che non hanno potuto nemmeno rimanergli accanto. Credo che sia questa l’immagine che rimarrà di più nella memoria di tutti. Quella sarà la più eloquente ma non sarà sola. Sembra che siano state riprese da un grandangolare, e mentre vedi la prima, la seconda di un altro luogo continua nella stessa immagine. Dalle bare sui camion dell’esercito, alle barelle degli anziani trapassati nella RSU di Chiaravalle Centrale. Un’unica fotografia fatta di tante vite legate assieme colpevoli di essere già ammalati di altre patologie o di essere anziani non autosufficienti chiusi nelle RSA. Alla fine, hanno pagato, solo le persone più deboli. Tanti anziani che una alla volta trasferiti a Catanzaro sono trapassati.

Se questa dolorosa e tragica esperienza non modifica il modo di concepire le case di cura e le RSA sparse nei nostri territori, non avremmo imparato niente. L’abitudine di delocalizzare gli anziani dai luoghi dove hanno vissuto per tutta la loro vita è diventata non il fine ultimo, ma il primo. A volte le speculazioni i contributi regionali i finanziamenti, invece di offrire un servizio territoriale a domicilio socioassistenziale, invece di organizzare in rete servizi sociali nei diversi Comuni si preferisce costruire strutture magari con il verde intorno; delocalizzandoci l’anziano dentro anche quando la limitata autonomia, potrebbe essere gestita direttamente a casa propria. Lo Stato deve assicurare a tutti le giuste cure. E gli strumenti per assicurarli non possono essere dentro un meccanismo di privato pubblico perché non regge più. Anche in questo senso si dovrebbe ridisegnare la sanità nazionale, slegarla completamente dagli interessi privati.

Se parliamo della Calabria, fin quando avremo il commissariamento gli interessi economici e clientelari per come registrano le inchieste, varranno più della salute dei Calabresi. Visto la composizione della giunta Santelli, non sarei tanto d’accordo in questo frangente. Sarebbe inopportuno, perché il rischio è di trovarci Borghezio assessore con la delega alla Sanità calabrese.

Abbiamo saputo della protesta di alcuni sindaci alla RSA Domus Aurea di Chiaravalle centrale, dai giornali e dalle reti sociali e addirittura da Striscia la notizia che ha ironizzato sulle multe e le quarantene obbligatorie, per le quali gli stessi sindaci dai loro rispettivi vicesindaci sono stati messi in quarantena. Non sappiamo se il nostro sindaco era insieme agli altri nella rivendicazione per una giusta sicurezza territoriale, visto il tardivo intervento iniziale da parte della regione e degli enti preposti. Se il nostro sindaco insieme agli altri fosse stato multato, in coerenza alla rivendicazione possiamo chiedergli di proporre a nome e in rappresentanza del comune di Cenadi la costituzione di parte civile nel processo che si è aperto. Chiediamo di dare una mano al procuratore di Catanzaro Gratteri per far emergere le effettive responsabilità. Se invece non ha partecipato alla protesta, credo che sia difficile convincerlo. 

Non stiamo parlando di una amministrazione di un sindaco vicesindaco o assessore e compagnia, che si possono convincere con le sole parole. Loro stessi non incarnano una idea di comunità, sono spinti più dalla burocrazia amministrativa per induzione che da un senso sociale o politico. Se la politica è intesa come servizio, allora mi sa che i nostri amministratori la intendono come servizio burocratico. Con una predilezione per gli amici degli amici. Di fatti la loro associazione di riferimento si chiama amici dei bambini, ma si occupa di tutto lo scibile umano.

Non hanno una idea di comunità, perché se fosse mai esistita a Cenadi, allora vuol dire che con l’amministrazione attuale è stata definitivamente cancellata. In questa pandemia gli atti formali presi dall’amministrazione, sono la prova provata del disinteresse politico e sociale. Il primo atto è stata l’ordinanza sindacale con la quale si regolamentava il transito dei compaesani negli altri paesi dopo l’ordinanza della Santelli che metteva in quarantena obbligatoria l’intero comune di Cenadi. Gli stessi Carabinieri hanno dovuto sollecitare al sindaco una regolamentazione visto il flusso indisciplinato dei compaesani ai posti di blocco. Il nostro sindaco ha sempre avuto con le ordinanze una certa complicità burocratica. A volte sono veri e propri stornelli dove riesce a friggere l’aria, ma nella generalità dei casi tutte le ordinanze fatte non servono a regolamentare e a proteggere il territorio e le persone. Vengono fatte solo per deresponsabilizzarsi per poi dire alla fine a i compaesani: “io ve lo avevo detto. Ho fatto l’ordinanza”.  Anche se alcune le fa a posteriori. In questi due mesi ci sono le ordinanze che sono state veicolate e quelle per i quali era meglio tenerli nascoste. Ci sono quel tipo di ordinanze che se non li fai in tempo, puoi mettere a rischio le persone. E forse qualcuno ha pagato questo ritardo. Sappiamo che lo stesso sindaco ha dovuto emettere un’altra ordinanza per chiudere il Cimitero, perché nella prima ordinanza se l’era dimenticato. Da quando le limitazioni, inizialmente presi nelle regioni del Nord sono state estese a tutta l’Italia, il sindaco di Cenadi poteva in totale autonomia per come hanno fatto altri sindaci prendere iniziative inerenti la mobilità delle persone nel suo comune. Il nostro ha solo aspettato gli eventi e ha emesso come sua abitudine burocrazia per induzione. 

Nei primi giorni di quarantena obbligatoria e dopo le polemiche esplose sulle reti sociali hanno distribuito qualche mascherine insieme ad un foglio informativo con il quale si metteva a conoscenza di come usare la mascherina e i numeri di telefono del sindaco il vicesindaco e l’assessore. Chiunque avesse avuto problemi, avrebbe potuto fare riferimento a quei numeri.

Quando si produce solo burocrazia per induzione e si fa passare l’informazione sociosanitaria come una sorta di richiamo elettorale perenne, non c’è bisogno di fare polemica come mi hanno sempre detto, basta vedere i numeri di telefono sull’informativa. La devozione burocratica è stata tanta, che non solo un numero di telefono, ma addirittura tre. Così i compaesani possono scegliere il più simpatico o quello che a parere suo possa aiutarlo più in fretta. Oltre alla burocrazia, lo stesso assessore ha dichiarato sui social e nei vari gruppi “Wozzappa”, di essere lui stesso il tramite. Recandosi presso a casa di tutti possibili anziani che avevano bisogno o di quelli che potevano trovarsi in difficoltà. Il carisma burocratico solidare è venuto fuori dalla pandemia.

Oltre alla solidarietà burocratica dell’assessore, dobbiamo registrare un altro non meglio definito gesto di solidarietà. A tutti gli anziani del paese è stata consegnata a domicilio, una colomba pasquale. In un primo tempo ho pensato al sindaco. Forse per scusarsi oppure per attenuare la fame e prima dei buoni che non arrivavano ha distribuito una colomba per tutti. Alla fine non è stato il sindaco, ma un non meglio definito gruppo di giovani. Il loro buon cuore si è aperto e hanno regalato una colomba a tutti.  Niente si sa di più.

Dopo i primi interventi si è passato alla distribuzione dei buoni spesa. Il Governo aveva assicurato che l’erogazione dei soldi sono stati tempestivamente riversati direttamente ai comuni. I comuni avevano la disponibilità di questi soldi prima di Pasqua. Si è dovuto aspettare che Pasqua passasse alla fine tramite informative veicolate su profili di amici o gruppi hanno acquisito tutte le richieste e senza sapere in quale modo e con quale criterio venissero assegnate e quanto fosse il loro effettivo valore.

Dobbiamo registrare che la nostra amministrazione non ha un canale ufficiale, non usa il suo sito o un suo profilo sulle reti sociali ufficiali, ma tutto è affidato agli amici degli amici. Nell’era della comunicazione interplanetaria, il comune di cenadi usa il telefono a gettoni. Ogni tanto gli si rompe o non funziona, ma l’unico mezzo oggi ufficiale di comunicazione è il telefono a gettoni. Si può chiamare solo a chi ha un altro telefono a gettoni, altrimenti restano sempre i numeri di telefono personale degli amministratori.

Lo stesso sindaco con una ulteriore informativa, sempre tra i soliti gruppi ha veicolato e messo a conoscenza delle avvenute convenzioni con gli esercenti i quali dovevano fornire beni di prima necessità a tutti coloro che avessero avuto assegnato il buono spesa. Tutta la procedura si è conclusa il 16 aprile con la consegna dei buoni. Dovevano servire per festeggiare Pasqua e Pasquetta, forse serviranno per festeggiare come si deve il 25 di Aprile. Ma quello che balza agli occhi non è il ritardo con cui hanno erogato il contributo ma la scarsa anzi totale trasparenza su come questi soldi sono stati assegnati. La ciliegina sulla torta è la costituzione dei C.O.C. Centro Operativo Comunale. Un altro acronimo di pura burocrazia con il quale si distribuiscono fittizi incarichi, per tirare avanti. Le funzioni assegnate sono Assistenza alla Popolazione, questa funzione è stata auto attribuita dal Sindaco. Per poi eventualmente mandare il suo assessore.  Poi ci sono quelle: Sanità e Assistenza Sociale: attribuita con ulteriore delega direttamente al Servizio 118, poi quella relativa alla comunicazione e Servizi Essenziali assegnata al Vicesindaco. Altre ancora di carattere tecnico, assegnati ai dipendenti comunali.  Forse sono stati loro a decidere i criteri per l’assegnazione dei buoni spesa. O forse visto che si auto assegnato la funzione d’assistenza alla popolazione, ha deciso direttamente il Sindaco, il criterio oscuro e segreto. 

Ci chiediamo quale criterio ha usato il Sindaco?

Sulla domanda per l’assegnazione dei buoni spesa, si richiede di indicare il valore del reddito o in assenza allegare l’ultima dichiarazione ISEE valida. Dobbiamo far notare che i redditi della dichiarazione ISEE che le persone potevano allegare, era quella relativa ai redditi del 2018. Invece di allegare l’ISEE relativo ai redditi 2018 se i compaesani non fossero stati in possesso, avrebbero potuto dichiarare il solo reddito. Non si capisce bene quale reddito indicare, se il parametro ISEE dell’anno 2018 o il solo reddito da lavoro dipendete relativo al 2019. Troppa burocrazia inutile troppa approssimazione e troppa incapacità amministrativa nel gestire l’erogazione dei buoni spesa. Se invece avessero elaborato un disciplinare un regolamento, e avessero proposto una modulistica che effettivamente sarebbe stata in grado di garantire a chi avesse un effettivo bisogno l’erogazione dei buoni spesa; oggi non ci saremmo trovati nella condizione di gestire la carità e la solidarietà come un favore burocratico magari distribuito più per l’amicizia che per il bisogno. Si doveva cercare di sostenere effettivamente chi non ha nessuna liquidità, nel momento stesso che la condizione di precarietà si è registrata nella vita reale, non dei redditi presunti di anni lontani o dichiarazioni ISEE non coerenti. Aver deciso di usare il parametro reddituale dell’ultimo attestato ISEE e da fini burocrati. La necessità era di garantire a più persone, pochi soldi come un contentino. Perché da quello che si sa la forbice dei buoni va dai 100 fino 150 euro, suddivise in diversi tagli. Le domande dovrebbero essere state più o meno, dai 30 alle 35. Il totale complessivo del contributo è di circa 4.500, euro. É facile capire con questi numeri e con i metodi utilizzati che più di assistenza alimentare è stata una assistenza sub elettorale. Non serviva per aiutare chi effettivamente si fosse trovato in condizioni di disaggio ma è stato meglio allargare il paniere e coprire più persone possibili. Sarebbe stato più efficace valutare una cifra congrua e assegnarla a chi possedeva effettive condizioni di bisogno. Dati non dalle condizioni reddituali di anni che potevano essere stati fortunati, ma della condizione effettiva in cui si sono trovati nel marzo 2020.

Non sapendo i criteri e dopo aver evidenziato le incongruenze sulla richiesta del reddito, non potremo mai venirne a capo. Naturalmente dei 4.500 euro messi a disposizione dal Decreto, il nostro comune non ha in nessun modo compartecipato. Per i compaesani che potevano trovarsi in gravi condizioni di disaggio il sindaco non ha trovato un centesimo. Non dico che doveva trovare milioni di euro, ma almeno per la metà di quello che il governo ha erogato. Naturalmente non si può contrapporre a questa richiesta di compartecipazione dicendo che non ci sono i soldi. Perché sarebbe falso. Per raggiungere la cifra, sarebbe bastato far pagare l’occupazione di suolo pubblico o quella per gli spazi pubblici, oggi assegnati senza nessun criterio. Bastava rinunciare all’indennità di un anno. Bastava non appaltare più la gestione del campo sportivo, ma farlo gestire magari con un progetto che lo valorizzi a coloro che percepiscono il reddito di cittadinanza. Tante cose si potrebbero fare con i percettori del reddito di cittadinanza. Tranne quello di usarli per sostituire manodopera. Quando un amministratore dopo quasi 15 anni non riesce ad integrare con soldi propri interventi indirizzati a quei compaesani che nella pandemia si trovano in uno stato di disaggio, cosa possiamo sperare; le sole dimissioni. Se fosse stata un’amministrazione di prima nomina, la retorica che i soldi mancavano, poteva essere addebitata alla precedente. Ma nell’attuale condizione dopo quasi circa 15 anni, dove l’attuale sindaco assessore e compagnia, sono precedenti a loro stessi, non avere nelle disponibilità 5.000 euro ho non saperli programmare ne trovare in bilancio è il sunto di tutti i sunti possibili.

Tutto è compiuto. Tutto è stato detto e tutto si dirà. Una cosa è certa, che il comune di Cenadi esiste solo sulla carta: quella burocratica.