Il II Congresso della CGIL Area Vasta Centro si è concluso. Tutto come programmato, il nuovo segretario non sarà nuovo, ma lo stesso per i prossimi anni. Non sappiamo come è andata a finire con i voti, se eletto all’unanimità o a maggioranza. Dopo i precedenti, sarebbe interessante analizzare il voto. Non vorrei che fosse costretto a indire un’altra raccolta di firme per sostenere artificiosamente la sua elezione.
La mia preoccupazione era rivolta alla composizione dell’assemblea e se la stessa fosse composta con le percentuali richiamati dai regolamenti, o se composta per la maggioranza da funzionari della cgil e servizi. Pensavo che questa preoccupazione potesse essere solo registrata al di qua del pollino, ma altri compagni li hanno evidenziate, anche al di la del pollino. Io la chiamo partecipazione devozionale, altri invece la chiamano “autoriferenzialità”. Due modi diversi per chiamare la stessa dinamica sindacale.
Non posso essere certo che la prossima assemblea generale abbia le percentuali richieste dai regolamenti. Ma se dobbiamo considerare come verbale del congresso l’ultima foto di commiato al II congresso, non tanto mi pare a me che le percentuali di: lavoratori, migranti, giovani, (percettori di reddito di cittadinanza), disoccupati, rispecchiano le suddette percentuali. Ma forse mi sbaglio. Ma una cosa è certa, tre quarti delle facce nella foto sono identiche alle altre facce di commiato dei congressi passati. Qualcuno manca perché è andato in cielo, qualcun altro invece semplicemente scartato. Un quarto non so definirlo, allora vado sulla fiducia e spero che siano tutti lavoratori e lavoratrici provenienti dal posto di lavoro. Quello che doveva essere un congresso aperto partecipato, allargato per come è stato declinato dai documenti congressuali, è stato il solito rituale burocratico di incoronazione svolto in un luogo periferico nel comune di Lamezia Terme. Quello che doveva essere un Noi inclusivo è stato un Loro selettivo.
Non abbiamo granché di materiale del congresso svolto. Le sintesi degli interventi del segretario generale e della compagna del nazionale, li possiamo recuperare su Facebook sul profilo della CGIL area vasta centro CZ KR VV.
Scale–Sposato–Scacchetti–Sindaco Lamezia Terme. Il materiale è scarso e il metodo che andrò ad usare, proverà a confutare le parole pronunciate con i veri e oggettivi comportamenti di chi li ha pronunciati. Al netto de Sindaco Mascaro. Per le sue parole, mi limito soltanto dicendo che l’ascolto e una bella parola, la concertazione nel mondo del lavoro per come è deprezzato oggi, vuol dire perdere diritti, ancora di più di quelli che negli ultimi anni hanno perso i lavoratori e le lavoratrici.
Partiamo per gradi e dal basso con le parole del segretario generale Enzo Scalese, quando afferma che vuole garantire i diritti dei lavoratori e del territorio, tramite il sindacato di strada. Sappiamo tutti cos’è il sindacato di strada, ma sappiamo altrettanto tutti cosa non è sindacato di strada. Di sicuro non è concepire una rete di Camere del Lavoro nel territorio delle province di Catanzaro Crotone e Vibo Valentia, che una volta asservite alla sistemazione di qualcheduna o qualcheduno, diventano necessarie. Poi pero c’è il rischio che questa qualcheduna si stanca del rapporto della CGIL e se ne va con un’altra organizzazione, lasciando quel territorio scoperto. Altre volte succede che vengono aperte in pompa magna, nel periodo elettorale. Anche queste aperture, hanno sempre un loro perché e a volte si trasformano in veri rapporti di lavoro con i servizi della rete della CGIL. Altre volte invece vengono chiuse, poiché, quello che prima per taluni dirigenti erano compagni del territorio, con il cambiare dei dirigenti diventano appestati da allontanare. Perdendo tutto il lavoro politico e sindacale che lo stesso compagno cassato dall’organizzazione, aveva svolto negli anni per la CGIL, e oggi impossibile recuperare. Lo dicono e certificano i numeri. In altri comuni, invece di potenziale le camere del lavoro, portando le categorie sindacali nel territorio, si trasformano importanti realtà territoriali in veri e propri uffici disbrigo pratiche. Necessarie anch’esse, ma mai quanto oggi è necessario dare a tutti un supporto politico e di tutela sindacale a più ampio raggio. Io un metodo ce l’ho, basta non aspettare che il parlamento approvi la Carta dei diritti già presentata dalla CGIL, ma che adotti nei territori, pratiche che nella quotidianità precedono l’approvazione della legge stessa.
Il supporto legale dell’ufficio vertenze, sia per i servizi che per le categorie, fanno un pregevole lavoro. In alcuni aspetti per i risultati ottenuti, addirittura encomiabili. Tali risultati, anche se dimostrano la sconfitta del sindacato, perché è certo che quando un lavoratore è costretto ad arrivare ad un’azione legale, non si può considerare pregevole, né encomiabile il lavoro del sindacalista.
Come potrebbe combaciarsi l’idea del sindacato di strada del Segretario Enzo Scalese con la politica che in questi ultimi anni, ma anche quando era stato segretario d’organizzazione, ha generato. Perché forse non sappiamo nel dettaglio il suo significato di sindacato di strada, ma sappiamo cosa sono gli scarti. Tanti dirigenti, passano dalle categorie alla confederazione, dal sistema servizi tutto, alla confederazione e viceversa. Qualcuno, grazie all’indifferenza generale, rimane impigliato in questi passaggi, e senza battere ciglia e con la pandemia e una astuzia burocratica infame, lo si fa fuori. Forse nell’idea di Scalese, nel sindacato di strada è legittimo lo scarto , nel mio, no. E dopo la visita della CGIL a Francesco, (*) lo scarto dovrebbe essere allontanato anche dalle pratiche del sindacato. Peccato che il segretario generale Scalese, con la letteratura non tanto è avvezzo, ma se leggesse l’enciclica Fratelli tutti, (*) capirebbe un sacco di cose dei suoi comportamenti. E forse distinguerebbe i peccati per come li ha declinati Francesco nella sua ultima intervista: tra quelli perdonabili e quelli invece che non si possano perdonare. A mio avviso aggiungerei a quelli che non si possano perdonare, anche quelle volte quando piccoli peccati messi tutti assieme e nascosti, vengono alla luce e diventano corruttivi, e hanno la stessa e grave peccaminosità di una corruzione per come è declinata dal codice penale. Per Francesco anche gli abusi di potere sono come la violenza delle armi, e anche con questa prospettiva possiamo dire che scartare le persone da un ambito legittimamente occupato è come sparargli in faccia, con una pistola fatta di : “abuso di potere”.
“Ciascuno non approfitti della propria posizione e del proprio ruolo per mortificare l’altro». Papa Francesco.
Mi chiedo, per finire con i peccati, se nel passaggio di consegna tra ex segretario Mammoliti e il segretario attuale Scalese, gli scarti prodotti sono stati voluti da entrambi, o invece negli abbracci per gli auguri si nasconde la stessa peccaminosità della corruzione. Mi chiedo se mettere lavoratori uno contro l’altro dentro l’organizzazione o avvantaggiarne uno a discapito di un’altro, sia anch’esso ereditato nelle consegne. Mi chiedo inoltre, è stata una gestione para-familiare dello scarto, visto i legami con i soggetti interessati, oppure è stata farina del sacco del solo Scalese e dei suoi, ieri amici e membri della sua segreteria, oggi nemici o solo compagni di cordata.
A questo punto mi chiedo, cosa c’è nell’idea del sindacato di strada del segretario Scalese. Forse negli anni ha migliorato la tecnica, vestendola con la cravatta e la giacca, ma il metodo nel declinare il sindacato di strada è stato ampiamente usato per scartare, isolare, mobbizzare, i potenziali dissidenti. Quelli scomodi. Perché per altri dissidenti invece, incarichi e responsabilità vengono elargiti senza nessuna coerenza con le regole della stessa CGIL.
Dove è necessario, prima di procedere a qualsivoglia nomina di responsabilità in nome della CGIL, un parere del comitato direttivo confederale, con Scalese le nomine era di “motu proprio”. E per giustificarla in una provincia come strumento sindacale importante, lo derubricava in un altra provincia come un incarico solo burocratico. Parlare infine degli aspetti regolamentari, sia dei direttivi che delle assemblea è cosa ardua nella CGIL AREA Vasta Centro. Persino della legittimità di alcune unificazioni territoriali. (*) L’impreparazione dei compagni messi in ruoli importanti come ad esempio i presidenti delle assemblee generali e del direttivo, dove la loro terzietà nel svolgere i lavori, si trasformava sistematicamente in devozione lasciando che il solo segretario Scalese né determini gli esiti. La prova provata di questa impreparazione, è stata registrata nelle ultime sessioni dell’assemblea generale, ancora incarica. (*) Io stesso avevo presentato un ordine del giorno con il quale si chiedeva, visto gli auspici e le promesse di aumenti contrattuali del personale della CGIL, di attuare prima un piano che potesse escludere scarti di personale dopo l’unificazione territoriale delle tre province. Lo stesso segretario insieme al presidente hanno preso l’impegno che si sarebbe discusso nella prossima assemblea, ma come al solito, sia la devozionalita del presidente, che le parole e gli impegni dal segretario generale Scalese sono stati sistematicamente disattesi. Per la cronaca era presente la compagna del nazionale (*). Non c’è futuro in una organizzazione sindacale, se non giudicano i suoi dirigenti dal lavoro svolto. Non c’è futuro se la classe dirigente viene costruita generando scarti. Non ce futuro, nel sindacato di strada che ha in mente il Segretario generale della CGIL area vasta centro, quando non parla del potenziamento delle clausole sociali negli appalti. Quando non agevola il potenziamento dei contratti collettini nazionali. La sua narrativa sindacale concepisce tutto e il suo contrario. Parla degli ultimi solo per legittimare i primi. Di solidarietà per fottere entrambi. Non sa nemmeno cos’è la strada, se non declina la contrattazione di secondo livello dentro il suo agire politico. Ne potrebbe governare dentro la confederazione il lavoro delle categorie, ormai diventate perimetri con piena autonomia e svuotati di confederalità.
Se dobbiamo parlare veramente di sindacato, al di qua del Pollino dobbiamo concentrare l’attenzione sulle categorie sindacali. Anch’esse con tutte le difficolta e complicazioni della crisi economica in cui stiamo vivendo, resistono anche quando nel loro territorio la politica confederale è assente. Lo ha dimostrato nei sui primi anni da segretario confederale, e perdurare su questa strada vuole dire disseminarla di mine anti uomo e anti donna, che alle prime contraddizioni scoppiano. Lacerando sempre le carni dei meno tutelati dentro l’organizzazione. E come viene declinata dai documenti nazionali dai regolamenti del personale, dell’organizzazione fanno parte: sia i lavoratori delle categorie sindacali che tutti gli altri lavoratori dell’apparato del sistema servizi.
Per quanto riguarda gli intervento della compagna del nazionale e quello del Segretario Generale CGIL Calabria, rifacendomi solo alla brevità delle parole emerse, potrei unirle, visto che lo stesso tema è trattato da entrambi. La politica e il rapporto con la politica. Chi mi legge e mi conosce, sa come la penso sul rapporto tra politica e sindacato (*) e resto convinto che soltanto con un sindacato forte nei posti di lavoro e nei territori ci sarà la ripresa di una consapevolezza di sinistra. Ma questo non vuol dire, come succede molto spesso, che la CGIL debba avere un partito politico di riferimento in parlamento, in regione in comune.
Infine voglio consigliarvi un libro con la prefazione di Papa Francesco. (*) Lui dice che negli sguardi e nei volti dei personaggi del Vangelo, si condensa la migliore teologia. Allora io voglio usare questo metodo e capire dai volti sorridenti del II congresso della CGIL Area Vasta Centro, quale teologia viene fuori. L’ho capita proprio osservando dall’ultima foto di commiato. Da dietro la macchina fotografica, per attirare l’attenzione e suscitare delle larghe risate, qualcuno ha dovuto pronunciare le seguenti parole. “montesano a lapa non s’amparau, u scartamma e tolto dai coglioni”.