“CHISSA’, CHISSA’ DOMANI “

Di Massimo Covello.

E’ un tempo difficile da comprendere quello che stiamo vivendo, straniante. La maggior parte di noi, chiusi in casa, impossibilitati alle relazioni, ai contatti umani, agli scambi di ogni tipo: alla vita sociale, se non virtualmente, tramite i social, la tv, in remoto. Una modalità per molti aspetti innaturale che noi siamo “animali sociali” necessitati di rapporti corporei. In un crescendo dettato come dice il prof. Michele Ainis: “ da una strategia della gradualità sposata dal Governo che ha permesso ai cittadini di abituarsi un po’ alla volta agli arresti domiciliari a cui siamo sottoposti”, senza tradire la democrazia, bene supremo del Paese. Nonostante ciò, condividiamo col mondo intero, forse solo come nella seconda guerra mondiale, le stesse angosce, le stesse paure da quando l’OMS ha dichiarato, non tantissimi giorni fa, che il covid- 19 ha assunto il carattere di pandemia. Certo è stato sconcertante vedere come alcuni stati, gli USA, la GB, il Brasile, abbiano sottovalutato il pericolo o forse sono stati solo coerenti con una visione censitaria del diritto alla salute. Mentre la Cina, la Corea, e poi Cuba e la Russia, abbiano manifestato vicinanza e solidarietà concreta al nostro Paese. L’Unione Europea sta continuando a mostrare il suo volto peggiore: tecnocrate e neoliberista, anche se incominciano a delinearsi crepe, con l’Italia protagonista, in questa visione che ha ferito, se non ucciso le migliori aspettative dei popoli europei. Cosi come manca una unione d’intenti globale, anche nello sforzo di ricercare il vaccino in grado di sconfiggere il covid-19 che spero si realizzi presto. Ci si interroga come sia accaduto e mai come in questi giorni sono diventati importanti e ascoltati i virologi, i pneumologi, gli immunologi i ricercatori, gli scienziati, tutti quegli operatori sanitari, che con retorica ipocrita vengono considerati eroi. Categorie, specie nel nostro paese, insieme a tante altre negli ultimi decenni, neglette, emarginate, addirittura spesso e per lo più sacrificate scientemente alla pura logica mercatista di sfruttamento e precarizzazione. E con essi si scoprono i milioni di operai, tecnici, professionisti, braccianti, impegnati nei cosidetti servizi pubblici e settori essenziali che con grande abnegazione, nonostante spesso gl’insufficienti strumenti e mezzi di protezione, tutela, continuano a lavorare, per assicurare la tenuta del nostro Paese. L’Italia oggi è, drammaticamente, il più grande focolaio del mondo e col più forte impatto mortale del covid-19, specialmente nelle aree della Lombardia, del Veneto e dell’Emilia romagna. Perché sia accaduto ciò è allo studio degli scienziati.

Tuttavia siamo anche il Paese, che per primo in Europa ha adottato una strategia crescente ma determinata per ridurre l’espandersi del contagio.

E’ chiaro che sono stati adottati provvedimenti drammatici: tutti a casa. Il presidente del Consiglio Prof. Conte, supportato dall’unità di crisi oltre che dall’intero governo ha finora mantenuto la barra dritta, nonostante non siano mancate e non manchino limiti e contraddizioni, forse perfino inevitabili, visto il “mosaico delle nostre autonomie” sempre per citare Ainis, nel quale si sono innestasti scelte davvero contraddittorie a volte tra Dpcm, decreti, ordinanze. Una babele, nella quale, insieme ad altri, si è fatta notare la presidente della giunta della Calabria con una misura chiaramente incostituzionale come quella di vietare l’uscita e l’entrata nella regione. Nella nostra regione si è trattato di un crescendo di misure, alcune al limite dell’assurdo come la richiesta di avere l’esercito per strada o come l’irreale sequestro di centinaia di persone per giorni all’imbarco verso la Sicilia deciso dai due Presidenti, sulla cui legittimità formale ci sarebbe tanto da discutere, comunque tese ad arginare il diffondersi dei contagi, nella consapevolezza che semmai ciò avvenisse, il sistema sanitario calabrese, non sarebbe in grado di reggere. Questa situazione, la decisione di fermare tutte le attività non essenziali, ha completamente mutato la geografia sociale ed economica . L’approvazione Martedi 17 Marzo scorso del Decreto Legge n.18 recante “ misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per le famiglie, lavoratori, e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da covid-19”, ha reso esplicita la nuova condizione, non solo sanitaria, in cui ci troviamo. Nell’intero Paese milioni di lavoratori e lavoratrici, migliaia di imprese di tutti i settori si sono trovati in una condizione negativa a rischio sanitario, in un contesto generale sul piano industriale ed occupazionale già fortemente critico. In alcune regioni come la Lombardia, l’Emilia Romana, il Lazio, soprattutto nel settore metalmeccanico, ed anche in Calabria in alcune aziende del settore, si è dovuti arrivare allo sciopero generale, prontamente proclamato da FIOM-FIM-UILM, per far riconoscere da imprese più attente al profitto che alla salute dei lavoratori, la giusta priorità della tutela della vita. In questi giorni, anche in Calabria, non c’è settore, attività che, dopo aver fatto ricorso a tutti gli strumenti utilizzabili per favorire il lavoro sicuro, ancora non sempre possibile perfino nei servizi sanitari purtroppo, non stia, giustamente, chiudendo. Stiamo facendo, in remoto, decine di consultazioni ed esami congiunti per accordi finalizzati all’accesso agli ammortizzatori ordinari e/o in deroga. Misure di solidarietà sociale che probabilmente necessiteranno di altre risorse, viste l’inadeguatezza di quelle già impegnate e l’estensione delle richieste, e che tuttavia non coprono tutti i cittadini. Ha ragione il ministro per il Sud Provenzano quando dice che migliaiai e migliaia di cittadini vivono anche di lavoro nero, informale e ciò li rende non tutelati da nessuna misura, nemmeno dal reddito di cittadinanza. Costruire un welfare veramente universalistico è una priorità in questa drammatica contingenza. Quello che sta emergendo con chiarezza è l’assoluta necessità di un vero e proprio cambio di paradigma economico, sociale, produttivo, culturale. Come ne usciremo nessuno può dirlo. Il grande scrittore David Grosman in una sua recente intervista ha dichiarato che :” Quando l’epidemia finirà, non è da escludere che ci sia chi non vorrà tornare alla sua vita precedente. Chi, potendo, lascerà il posto di lavoro, che per anni l’ha soffocato ed oppresso. Chi deciderà di abbandonare la famiglia, di dire addio al coniuge o al partner. Di mettera al mondo un figlio o di non volere figli. Di fare coming out. Ci sarà chi comincerà a credere in Dio e chi smetterà di farlo”. Ha ragione. Io spero ne usciamo più consapevoli delle vere priorità sia individuali che collettive, sociali. Tutti stiamo apprezzando la grande funzione svolta dal servizio sanitario pubblico che perciò dovrà essere rinforzato ad ogni livello, superando gestioni ed organizzazione che, come in Calabria, sono state più al servizio di speculazioni criminali che al servizio della salute pubblica. Tutti stiamo scoprendo come certe produzioni il Paese deve garantirsele per reggere situazioni inedite; tutti stiamo scoprendo che certi beni, servizi, prodotti sono più importanti di tanti altri. Ecco, avere una visione più legata alla qualità sociale, alla solidarietà mi auguro possa essere ciò che ci porteremo quando usciremo da questa situazione. Non dobbiamo avere paura, ma imparare la lezione.

Casali del Manco 26 Marzo 2020