Pezzi perduti.
Nel cielo in paradiso e nell’aldilà,
guardando con attenzione e cura
si intravedono storpi e mezzi ciechi.
Un ospedale da campo senza semafori
che cura le anime di chi si sente ancora intero.
Ci sono anche i santi; piuttosto in carne.
In mezzo a loro camminano i giusti,
coloro che non hanno perso pezzi.
In cielo danziamo, uniti senza confini,
i pezzi perduti brillano nei destini.
Io non entrerò tutto intero,
gli occhi le mani i piedi,
li lascerò in pegno al cimitero.
Il banco si tiene tutto quando trapassi.
Meglio perdere i pezzi
che farli diventare vermi, trattenendoli sani.
Che te ne fai dei pezzi pignorati,
se in cielo, in paradiso o nell’aldilà:
si cammina in piedi anche da sdraiati.
Non c’è né alto né basso, né sopra né sotto.
Si può andare a destra e a sinistra
schioccando le dita della mano rimasta.
I piedi non servono, perché non ci sono strade.
Il trasporto è istantaneo come il pensiero.
Tutto è un pensato dentro un agire
che inverte il piccolo col grande
il povero col il ricco il nudo col vestito.
Dove degli arti non si conta il numero,
ci si fida sulla parola.
Basta sfiorarsi e scambiarsi affetto
con quello che di noi è rimasto
e negli occhi dell’altro
non si riscontrerà nessun difetto.
Rispuntano le mani i piedi gli occhi,
perfette copie di quelli persi,
spignorati con i dovuti interessi
da Gesù in persona.
In cielo danziamo, uniti senza confini,
i pezzi perduti brillano nei destini.