Il brodo delle RSU

Un potente imbonitore senza fuoco arso
riesce ha trasformare il parlare in un agguato 
un artefatto ricavato e poi testato
dentro un palindromo che non ha verso.
Un specie d’illusionista con il trapezio,
calcola lo spazio e l’equilibrio
e tra l’attesa e il millantare artifizio
aggiusta nel suo almanacco l’indirizzario.
Lo segna nei suoi metodi demenziali
“i capetti son buoni, i lavoratori non sono essenziali”.
La pratica che usa ha un suo rituale,
dalla fame con sapienza estrae le paure
dal tempo le attese senza mai avere misure
dalle finanziarie l’avviso di mora è puntuale
Dai crumiri la pazienza e la vendita dell’onore
dalla disinformazione il lascia passare
dall’appalto la speranza di transitare
dalla stessa speranza l’appiglio di chi si può salvare.
Completa tutto dicendo che alla fine non fa male
quello che si fanno gli operai tra loro è artificiale
tutto poi ritorna ad essere un diritto da non trattare
l’accordo firmato è tombale e ci sono le prove.
Si può cambiare il piombo in oro
ma con la verità non ci si può fare il brodo.
Un pasto unico che sazia corpi sani,
la verità ha il suo lievito non serve passarla tra le mani.