“In democrazia la sostanza non si ottiene senza la forma, né può sconfinare dentro la stessa forma. Ne va da sé che essere legittimati a fare determinate cose o attuare determinate procedure, in un qualsiasi contesto associativo per forza devono rientrare nella legalità, che è data dall’attribuzione di un valore sia della sostanza che della forma. Non ci può essere democrazia per come la intende la nostra costituzione, di sola sostanza e viceversa di sola forma. La democrazia della sola sostanza è amorfa, e rispecchia solo le solite e frettolose decisioni dettate dall’emergenza. Anzi più dalla fretta di decidere. La democrazia a cui io mi ispiro è legittimata dalla costituzione e nella costituzione io non vedo solo tecnicismi formalistici e procedurali che escludono: valori, passioni, sentimenti, speranze e antifascismo. Non esclude la dialettica ma ci vive dentro, tra forma e sostanza, fra legalità e illegalità. Non credo che la democrazia debba essere apatica che persegue solo fini burocratici dentro una forma senza sostanza.”
Ho fatto questa premessa, per provare a far capire quali sono le mie intenzioni, ogni volta che scrivo appunti o richiami sulle procedure che vengono adottate nella nostra organizzazione. Perché, sentirmi dire che i miei richiami alle regole dello statuto, alla fine vogliono essere solo d’intralcio ai percorsi individuali di qualcuno, non lo sopporto. Io voglio essere vissuto dai miei dirigenti e dai compagni dell’organizzazione, come una sorta di lampadina, che si accende, quando c’è un corto circuito nel sistema delle regole che dentro la nostra comunità sindacale ci siamo dati. Se volete, in altro modo, voglio che coloro che hanno responsabilità scrivono le cose, per come Bruno Talarico me le imponeva a me. Io sono il Bruno Talarico che manca nella struttura confederale della CGIL Area Vasta Centro.
Tutti devono essere valorizzati dentro la nostra organizzazione, ma tutti dovrebbero trovare la loro valorizzazione dentro regole certe non dentro alchimie burocratiche. La prima incongruenza l’abbiamo avuta nell’elezioni del segretario. (*) Fortunatamente non sono stato solo io che mi ero accorto dell’irregolarità abbastanza significativa nell’elezioni del segretario generale.
Una volta terminata la fase per le elezioni del segretario, si è passati alla fase relativa le elezioni della segreteria confederale con la convocazione di un’assemblea e la consultazione segretata dei componenti dei centri regolatori regionali e nazionali, per come si è fatto per il segretario generale. Anche in questa convocazione la forma, inizialmente adottata non ha avuto le linee guida dello Statuto della CGIL, ma più, un copia e in colla di commi presi dagli articoli dello statuto relative alle elezioni della segreteria confederale. Nella prima convocazione della assemblea generale per le elezioni della segreteria, come per magia all’ordine del giorno è stato inserito la discussione dei criteri politici. Poi si votano i nomi per gli incarichi. La convocazione dell’assemblea per le elezioni della segreteria, conferma quanto ho già scritto, sia io, che il compagno Grasso. Se per la segreteria bisogna votare criteri politici, allo stesso modo doveva essere fatto per le elezioni del segretario generale. Peccato che questo non è avvenuto.
Forse pure il compagno del nazionale e il compagno del regionale che presenzieranno la prossima assemblea, come la compagna che l’ha presenziata all’elezioni del segretario, hanno l’interpretazione autentica nel cassetto degli attrezzi, quello che si da nei corsi di formazione. Adesso ho capito a cosa serve. Quel poco di attrezzi che ho nel mio cassetto ancora non è arrivato a possedere l’interpretazione autentica dello statuto. Forse un giorno ma per adesso, mi devo fidare degli attrezzi e del cassetto dei compagni del nazionale.
Quando io richiamavo la normativa sulle mie note, e sbagliavo, Bruno dopo corrette, mi faceva ogni volta un “lisciabusso” che non finiva mai. Se fosse stato presente all’assemblea dovrebbe fare la stessa cosa per la normativa richiamata sulla lettera di convocazione. È imbarazzante confondere la convegnistica o il lavoro di un congresso, con l’attività ordinaria della nostra Assemblea Generale. Citare un DPCM è sottintendere l’impossibilità di poter svolgere l’assemblea Generale in presenza è un’alchimia, che io non riesco a decifrare. Mi serve Bruno.
Anche il tempo indicato è arbitrario perché presuppone che i tre ordini del giorno, vengono svolti in non più di 30 minuti in video conferenza. Naturalmente in questi 30 minuti si da per certo che non ci saranno presentazioni di ordini del giorno, né altre discussioni inerenti la convocazione stessa, né si è messo in preventivo che possa succedere di attuare una qualsivoglia votazione, anche palese. Ma per l’appunto, anche per deliberare una decisione ad oggi non ci sono gli strumenti necessari per attivare una votazione telematica. Naturalmente il nostro ordinamento interno non esclude la possibilità di interagire con le nuove tecnologie. Ma quello che si sta tentando di fare per la convocazione dell’assemblea generale per le elezioni della segreteria confederale, esula dall’applicazione delle norme o da una possibile forma accettabile. Passare dalla discussione in remoto e procedere alla votazione aprendo un seggio elettorale, fuori dal contesto in cui si è svolta la discussione è arbitrario. La scena possibile che la convocazione racconta è surreale. Diciamo che un componente si trova a fare la tele conferenza a Catanzaro, uno a Crotone, e uno a Vibo Valentia. Una volta terminata la discussione in teleconferenza, devono recarsi a Lamezia Terme alla sede dello SPICGIL e votare in sicurezza per poi, riprendere la macchina per tornarsene chi a Catanzaro chi a Crotone chi a Vibo Valentia e riconnettersi all’ora stabilita per controllare lo scrutinio. Volendo ci si poteva spingere, a istituire 3 seggi, per comune capoluogo. Volendo si potevano fare in tutte le camere del lavoro. Cosi si evitava di far spostare i compagni, ed eventualmente, fissare per appuntamento un possibile giorno per poter esprimere il voto. Potevamo anche spingerci e istallare un seggio itinerante per le province. Sarebbe stato la giusta scelta.
L’assemblea generale, ho si fa in presenza con tutte le precauzioni possibili, o si fa tramite teleconferenza, ma anch’essa deve essere prima regolamentata. Per come già il Collegio Statutario Nazionale CSN della CGIL ha deliberato in un suo parere del 21 maggio 2020.
Sia il nostro comitato direttivo che l’assemblea generale, non ha mai votato un suo regolamento che avesse previsto la possibilità di deliberare e assumere decisioni organizzativi o politiche attraverso piattaforme telematiche. Potevamo farlo ma non lo abbiamo fatto. In verità, tante volte ho richiamato questa necessità di dotarci di un nostro regolamento. Ma mai sono stato ascoltato.
In tutte le mie segnalazioni, potevo raccogliere almeno qualche posizione favorevole dal presidente dell’assemblea Generale, visto che il suo ruolo dovrebbe essere quello di garantire le giuste procedure sia nella sostanza che nella forma. Ma nostro malgrado, anch’esso non è altro che un copia incolla di un nome, posto solo sulle lettere di convocazione. Anche al riguardo del presidente dell’assemblea generale, la forma ha un’altra sostanza. Sopra la burocrazia ha un nome da donna, poi in presenza ne ha uno da uomo. Poi vai a dire che la forma non è sostanza!
Io spero che si ripenserà al modo con il quale è stato deciso di votare la nuova segreteria CGIL dell’Area Vasta Centro. E spero, ma ormai resterò inascoltato, che nelle procedure, non si persegue solo l’interesse di pochi, ma l’interesse di tutti.