IL NIENTE DEMENZIALE. Se a Cosenza i Gentile non scherzano, nemmeno a Catanzaro a Vibo Valentia e Crotone :  Mammoliti cughiunighja.

A me non scandalizzano le ruberie. Io credo che non esistano luoghi o realtà che non abbiano dentro di sé il marcio; dall’associazione più significativa, passando per le parrocchie e finendo ai sindacati e ai partiti politici. Il problema vero non è il marcio presente nei loro apparati, ma il comportamento, l’indifferenza, la complicità e il solito “me ne frego”, che manomette la verità e la giustizia a vantaggio degli interessi personali o di casta,  a discapito dei diritti altrui. In molti casi, il marcio è così radicato nei comportamenti da trasformarsi in una sorta di devozione peccaminosa. Il sistema Gentile che ha Cosenza sta manomettendo la democrazia, è un sistema trasversale. Non è ne di destra ne di sinistra ne di centro. Appartiene a tutti quei politici che nei diversi territorio possono contare a svariato modo di un tessuto amicale e di scambio, che non si colloca ne a destra ne a sinistra ne al centro. È difficile che in questi ambienti ci sono rimorsi di coscienza o etici. Sul filo della legalità, tanto il giusto per non cadere nel codice penale. 

L’inchiesta di Giletti ha smascherato il bubbone dei patronati Inca all’estero. Ma basterebbe scendere al di qua del Pollino per capire come sono state gestite le Alpa Flai Cgil, oppure la Fiom Area Vasta Centro, o ancora gli RLST e i fondi a loro destinati, oppure come hanno gestito la cassa integrazione durante la pandemia. Ci si potrebbe chiedere quale impatto abbiano avuto su alcune elezioni regionali e quanto l’organizzazione sindacale si sia piegata a questo scopo. Parafrasando un’altra inchiesta, se a Cosenza i Gentile non scherzano, nemmeno a Catanzaro, a Vibo Valentia e a Crotone: Mammoliti cughiunighja.

Se ci limitassimo ai soli fatti, senza essere influenzati dal giudizio del giornalista in questione, noi calabresi dovremmo ringraziare Giletti, perché tutti ricordano il commissario alla sanità Cotticelli. E, per dirla tutta, il bene che fanno alla Calabria le inchieste giornalistiche e non solo non è paragonabile né agli interminabili tavoli concertativi che i sindacati intrattengono con il presidente Occhiuto, né alla lotta politica dei partiti.

Il diavolo si nasconde nei dettagli e per smascherare coloro che usano il sindacato per i loro tornaconti, possono essere rivelatori i post che veicolano sui social. Se dovessimo costruire la loro coerenza politica partendo dalla loro quotidianità e dalle parole che diffondono, emergerebbero figure mezzi uomini e mezzi tirannosauri rex, dove la loro massima e il loro modo di essere si racchiudono in questa espressione retorica e demenziale, che lo stesso Tirannosauro Rex adoperava ai suoi tempi per sopravvivere: il fine giustifica i mezzi.

Per dimostrare questa mia tesi, antropologica, preistorica e sociale, voglio prendere come esempio un post che molti sindacalisti stanno veicolando sui social per promuovere lo sciopero generale del 29 novembre. Secondo loro, chi rinuncia a lottare non ha diritto di lamentarsi, perché non è niente. Mi chiedo: forse sono “niente” i lavoratori dei supermercati Paoletti? Sono “niente” tutti quegli spazzini a cui non viene applicato il giusto contratto di lavoro? Sono “niente” quei lavoratori che non possono, per costrizione, iscriversi al sindacato?

Allora, se sono “niente”, i numeri ci dicono che in Calabria il “niente” è “assai”, è maggioritario e dimostra, al contrario, quanto sia debole la pervasività del sindacato nei diversi territori. Alla bassa sindacalizzazione, il sindacalista in esame risponde umiliando i lavoratori, considerandoli niente. Cosa c’entra, come direbbe Di Pietro, il sindacalista che umilia i lavoratori con i Tirannosauri Rex? 

Al tempo dei Tirannosauri Rex non c’erano né sindacalisti né lavoratori. Si presume che non ci fosse nemmeno l’Homo sapiens, nostro diretto discendente. Ma esisteva una caratteristica predatoria, che è arrivata fino ai nostri giorni, veicolata da non so quale gene, e si è condensata tutta in quelli che differenziano gli uomini in utili e inutili alla loro sopravvivenza.

Se mi dovessi rivolgere questa domanda: quanto ti è servito il sindacato nella vita lavorativa? La mia risposta sarebbe: niente. E sono certo che, in tanti altri casi, la risposta dei lavoratori sarebbe: niente.

Le dinamiche sociali sono complesse, specie in questo nostro frangente di tempo. Tutto sta cambiando in un flusso continuo e inesorabile. Anche le dinamiche della partecipazione sono cambiate e il sindacato ha perso la sua spinta collettiva e comunitaria, sotto l’ormai pervasivo individualismo. Certo, ci saranno realtà con un tasso di sindacalizzazione alto, dove i lavoratori, fortunatamente, hanno coscienza dei loro diritti. Sanno il valore del loro lavoro e quanto lo stesso impatti sulle dinamiche sociali del Paese.

Accanto a questi lavoratori, ne troviamo tanti, forse la maggioranza, che rinunciano a rivendicare i propri diritti. Non perché, come gli altri, non conoscano il valore del loro lavoro, ma perché è ormai palese che gli stessi lavoratori si allontanano dal sindacato poiché conoscono meglio di Landini come si muovono, sui territori, quelli che dovrebbero rappresentare la CGIL nelle sue diverse diramazioni.

“Il sindacato, nella sua essenza, nasce come strumento di difesa dei diritti dei lavoratori. Tuttavia, quando smarrisce il suo legame con la base e diventa un’emanazione del potere costituito, perde la sua funzione storica di aggregatore sociale e di promotore di giustizia collettiva, trasformandosi in un apparato burocratico, privo di empatia e di visione.”