Il resto viene da solo.

Il 17 si è tenuta a  catanzaro l’assemblea delle assemblee. Questo vuol dire che si sono incontrate le assemblee delle diverse categorie sindacali insieme l’assemblea confederale della cgil, in preparazione della manifestazione di sabato 20. Interessante platea per parlare di lavoro. Anche in vista della raccolta delle firme per i referendum. Interessante perché mette insieme I lavoratori delle diverse realtà: pubblico e privato, lavoratori di aziende piccole medie e grandi, che compongono il tessuto produttivo del nostro territorio. La platea sintetizza la stessa mescolanza di lavoratori, che possiamo trovare in alcuni ambiti produttivi della nostra regione. Ambiti di beni e servizi, dove interagiscono diverse figure: operai manutentori, lavoratori delle pulizie, medici, infermieri, ausiliari, professori, spazzini, addetti alle mense. Non mancano gli appalti e forse ci sono pure i sub appalti. Come ci sono Contratti nazionali diversi per lo stesso lavoro. Nessuno meglio dei lavoratori riuniti in assemblea possono testimoniare quanto è necessario che il sindacato sia radicato nel territorio. Alcune volte non basta essere contenti solo quando vengono eletti gli RSU o RLS. Perché in alcuni ambiti la rappresentanza dei lavoratori deve costruire circuiti di sicurezza sociale, con i quali estendere a tutti i lavoratori che lavorano nello stesso sito: protezione e tutele. La contrattazione di secondo livello può produrre questo risultato. E in alcuni ambiti può disinnescare sia il jobs act, e in altri incentivare la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. A me sarebbe piaciuto, da sindacalista, sperimentare la contrattazione di secondo livello per la riduzione dell’orario di lavoro in due aziende della nostra regione, quella di De Masi e Callipo. Due eccellenze dove in entrambi i casi l’idea di azienda non è rivolta solo alla speculazione competitiva, ma alla ricerca e alla valorizzazione della produzione nel rispetto dei diritti dei lavoratori. Una volta in un congresso della Fiom, De Masi auspicava una partecipazione dei lavoratori nella stessa azienda. Callipo, invece da canto suo, usa il welfare contrattuale per venire incontro alle esigenze dei lavoratori.  Se queste sono le prospettive, una contrattazione aziendale che riduca l’orario di lavoro, sarebbe un punto d’incontro per sperimentare e attuare, renderlo persino replicabile in altri contesti, un modo di fare impresa che rispetta i diritti e le prerogative sia dei lavoratori che degli imprenditori. Proiettando il lavoro in un futuro sostenibile e non dentro una  precarietà permanente. 

La composizione dell’assemblea, per come dicevo prima, è una sintesi delle difficoltà che i lavoratori devono affrontare, ma è anche una straordinaria potenzialità. Bisogna lavorare su se stessi, e su come il sindacato nel territorio declina la sua azione sindacale. C’è bisogno di più confederalità, di più interazioni tra i lavoratori delle diverse categorie sindacali. La regionalizzazione di alcune categorie, insieme all’unificazioni territoriali delle camere del lavoro, non hanno prodotto il risultato sperato. Il sindacato invece di ramificarsi verso il basso, si è ramificato verso l’alto. Se escludiamo i pensionati, persino il tesseramento dei lavoratori negli ultimi anni, si è consolidato in Calabria per la cgil, intorno ai 75-80 mila iscritti. Ma anche le altre organizzazioni sindacali confederali, si attestano su questi numeri. Un altro numero che dovrebbe essere considerato, è la bassa sindacalizzazione. A fronte di una platea di lavoratori nei diversi settori di circa 450-550 mila unità. Questo dato dimostra senza ombra di dubbio, quanto è necessario ripartire dal territorio. 

Persino sulla sicurezza la contrattazione ci può venire in aiuto. Al netto di quello che è successo ad un operaio dipendente del comune di Lamezia Terme nei giorni scorsi, gli incidenti sul lavoro nel nostro territorio, colpiscono molte volte i lavoratori di piccole e medie aziende. In molti di queste, la sicurezza sul lavoro è considerato un fastidioso adempimento burocratico. Cartelle da compilare, dpi idonei, certificazioni da controllare e Dvr standardizzati. In tutto questo il perno non è il lavoratore, perché anch’esso dentro la complessa normativa sulla sicurezza, diventa una pedina da incasellare nel giusto ordine: burocratico.  Per accorgersi di questo, basta domandare a un lavoratore se ha mai visto il Dvr della sua azienda oppure se ha partecipato alla stesura? Se ha avuto una formazione, oppure solo gli attestati di partecipazioni a corsi che non ha mai frequentato. Ci sono tante figure nella normativa sulla sicurezza del lavoro, una di queste è il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale RLST. Un protocollo con gli ispettorati del lavoro e con la parte datoriale , potrebbero rendere gli RLST un presidio di sicurezza importante, per puntare sulla prevenzione e la formazione.  Una figura importante, soprattutto nelle piccole aziende, perché può essere d’ausilio all’imprenditore, per rimuovere in tempo tutti quei rischi che emergono durante le fasi di lavorazione nella sua azienda. Oltre ai controlli è necessario espandere una cultura della sicurezza, una formazione capillare e seria che arrivi in tutte le aziende. Come riportano i dati, il catanzarese e maglia nera per gli incidenti sul lavoro. Se come sindacato non ci si prende la propria dose di responsabilità, i minuti di silenzio che si osservano sono lacrime di plastica. 

I referendum sono importanti, anche se ho delle riserve sulla riuscita. Il consenso sulle cose giuste, va ricercato tra i lavoratori, tra gli studenti, tra chi non lavora e chi prende sussidi al reddito. Sulle cose giuste: legge sul salario minimo e il rafforzamento dei contratti collettivi nazionali e contestualmente la riduzione del loro numero. Una fiscalità progressiva che riporti equità, dove oggi ci sono i condoni. L’abolizione delle leggi canaglia come il jobs act. E di tutte quelle che legittimano appalti a cascata. Una legge sulla rappresentanza. E una, sugli omicidio sul lavoro. Coraggio in più, per sostenere un reddito di base per tutti.

Le cose giuste sono portatori sani di consenso. Il sindacato il consenso lo trova nei bisogni degli uomini e delle donne. Non ha bisogno di urne.  Se lo sciopero è la manifestazione non porta frutti, la mobilitazione deve essere di popolo. E lo sciopero generale deve essere generale, e dove non ci sono servizi minimi essenziali da garantire, addirittura permanente.  Il consenso va ricercato sui posti di lavoro, nel coinvolgimento di tutti lavoratori. L’urna referendaria può contenere la lotta, ma da sola non basta. Più sindacato di prossimità e meno apparato. Più lotta più partecipazione e più contrattazione, il resto viene da solo.