Il sindacato è un’altra cosa?

Le Parole sono importanti.

Considerazioni Segreteria Confederale CGIL Area Vasta Centro e relative deleghe assegnate.

In questi giorni ai compagni componenti della segreteria confederale dell’Aria Vasta Centro hanno avuto assegnate le deleghe. Ognuno di essi si dovrà muovere per competenza nel nuovo perimetro istituzionale, attuando le politiche a loro attribuite.

Un paio di considerazioni bisogna farli su alcuni ambiti politici assegnati ma soprattutto anche per quelli non assegnati.
Valutato che alcune deleghe nella segreteria confederale sono di fatto paritetiche agl’incarichi nella categoria di provenienza di alcuni compagni. Già per la loro responsabilità e competenza si dovranno muovere nell’ambito dell’incarico già assegnato in categoria. Io credo che un segretario di categoria nelle politiche e negli interventi sindacali che svolge nella sua categoria, già di per sé stesso l’ambito di intervento politico è confederale. Avere una delega paritetica al suo incarico in categoria dentro la segreteria confederale non da un valore aggiunto e di fatto non può proporre altro lavoro di quello che già svolge in categoria.

Non voglio con questo limitare le scelte del segretario generale di confederazione o criticarle, ma credo che per il lavoro confederale di raccordo e di proposta politica a cui è chiamata la nuova segreteria dell’Aria Vasta Centro, altri compagni nella struttura confederale e dentro le categorie ad esclusione dei suoi segretari, sarebbero stati all’altezza del compito. A mio avviso, sarebbe stato più organico e funzionale e politicamente più rilevante, dare alla nuova segreteria un raccordo politico diverso con le categorie. Una formula diversa di concepire la nuova segreteria confederale della nuova Camera del Lavoro dell’Aria Vasta Centro. Un governo Confederale che non si legasse ai soliti schemi e offrisse strumenti politici di raccordo con le categorie, di scambio e di un continuo lavoro congiunto lasciando intatta l’autonomia politica di ogni categoria confederale. Se l’incarico nella segreteria è fiduciario, il criterio di scelta deve essere politico e deve sodisfare una visione generale complessiva e confederale. Per come sono state delineati gli ambiti d’intervento e per i compagni scelti per l’incarico, il criterio politico si è compresso e filtrato per arrivare solo a dei nomi soddisfacendo una sola caratteristica, cioè quella territoriale.
Qualcuno mi potrebbe dire: “Giovanni, sempre queste sono state le deleghe, e cosi è stato da sempre”. Io potrei rispondergli parafrasando Baseotto: “il mondo è cambiato”.
È vero il mondo è cambiato e io credo che anche le deleghe degli ambiti politici d’intervento, si dovrebbero contestualizzare nel tempo e nella contemporaneità della realtà che ci circonda. Dovrebbero avere senso dentro un generale indirizzo politico sindacale confederale; ma la mancanza nella nuova segreteria di alcuni nuovi ambiti politici d’intervento richiama vecchi schemi legati più ad una burocratizzazione delle scelte che ad un’effettiva valutazione politica.

L’idea di potenziare la contrattazione di sito non può essere messa nel paiolo delle similitudini con le deleghe già assegnate. E nemmeno non citarla. Realtà Importanti come il campus Germaneto, Aeroporto di Lamezia Terme, ex Pignone, per citarne solo alcuni, possono essere spazi di sperimentazione dove la contrattazione di Sito diventa di supporto ai lavoratori. Dobbiamo unire la lotta dei lavoratori che lavorano nello stesso ambito territoriale pur avendo contrattualizzazione diverse. Dobbiamo intervenire dal basso creando una unità d’intenti di tutti i lavoratori interessati. Dobbiamo modulare interventi di lotta che abbiano in alcuni casi, l’adesione per solidarietà di tutti i lavoratori, al di là della loro categoria sindacale d’appartenenza. Esiste uno strumento di lotta, regolamentato dalle norme di riferimento e si chiama Sciopero di Solidarietà. (Lo abbiamo percorso nella FPCgil. Questo è già di per sé una certezza che la normativa lo norma.) Lo Sciopero di Solidarietà non deve essere solo un obbiettivo da raggiungere, ma un metodo di lavoro di lotta sindacale.

La stessa cosa vale per gli appalti. Non può essere una sola parola che richiama una moltitudine di soggetti e di ambiti e di competenze diverse. Bisogna istituire una Commissione sugli appalti e nella delega il richiamo ad uno strumento certo che lavori per impedire per come succede, il solito sfruttamento di manodopera. Una commissione d’appalti sindacale che muova anche proposte politiche e di interventi attraverso protocolli sulle clausole sociali. Io la chiamerei: “Stazione unica sindacale sugli appalti.” Bisogna riuscire a rendere le clausole sociali, quelle che oggi sono espresse dalla normativa sugli appalti ma che a volte vengono rese inefficace nei bandi di gara, non solo un obbligo burocratico ma uno strumento certo, che difende nelle maglie degli appalti, gli ultimi della catena: i lavoratori. Nella linea di comando in un appalto pubblico, la responsabilità molte volte sfugge. L’infiltrazione mafiosa da un lato e la gestione in deroga del servizio, specie nel settore dell’igiene ambientale, comprime i diritti dei lavoratori. Il ribasso attuato dall’azienda in molti casi viene riequilibrato dal costo del personale. La stessa cosa vale sulla sicurezza. Di fatto, lo stesso costo sulla sicurezza negli appalti non è soggetto a ribasso ed è un ambito dove le aziende intervengono per recuperare parte del ribasso effettuato per poter vincere la gara. Naturalmente non parliamo della rotazione aziendale, obbligatoria negli appalti in deroga. Oppure la stessa indagine di mercato con la quale le amministrazioni pubbliche dovrebbero individuare le aziende per la successiva assegnazione del servizio. Fin quando le leggi non offrono una giusta tutela e Salvini non devasterà il codice degli appalti, il compito del sindacato è quello di anticipare e dove è possibile intervenire prima che le interpretazioni o i comportamenti amministrativi possano impattare con i diritti dei lavoratori; negandoli. La contrattazione d’anticipo non deve rimanere una scelta del solo committente, ma pretenderla come un diritto. Per dove è possibile applicarla, pretendere che i lavoratori abbiano un ruolo importante sia prima nella fase di progettazione che dopo in quella dell’esecuzione dell’opera o dei servizi offerti. Un unico obbiettivo con la contrattazione sociale, che ha mio avviso deve allargare il suo ambito di intervento, contenendo al suo interno dei criteri e principi che di fatto estendono in tutti gli ambiti dell’amministrazione pubblica una motivazione d’indirizzo politico e amministrativo di tutela del lavoro e dei soggetti più vulnerabili. Tutto questo a mio avviso non può essere contenuto nella delega dalla sola parola “appalti”.

Un’altra parola importante è l’assenza di riferimento alla parola solidarietà. Nelle nuove deleghe assegnate non è concepito un ambito politico di intervento per la solidarietà. Un’altra parola che manca o non si è chiarita una definizione, anche se viene compressa nella delega alle politiche urbane e della casa è l’ambito politico che la città di Catanzaro incarna, essendo capoluogo di Regione. La stessa cosa vale per i comuni più piccoli e se estendessimo il ragionamento politico anche comprendendo il sistema servizi e le nostre Camere del Lavoro e aggiungessimo anche le nuove politiche inerenti l’unificazione di realtà istituzionali, sarebbe stato più attinente chiamare la delega alle politiche urbane e della casa: “della conurbazione sociale”, intesa come politiche di rete in un assetto territoriale di cooperazione e collaborazione istituzionale, e di lotta e di scontro politico quando la cooperazione e collaborazione non funziona.

Naturalmente non sono le parole a modificare le cose, perché bisogna sapere cosa chiedere alle parole che si usano. Non sono le parole che creano la realtà che ci circonda, ma è la realtà che ci circonda a dettarci il dizionario da usare. Il nostro compito è di renderli più aderenti alla realtà. Il nostro compito è quello di modificare la realtà che ci circonda.

Saluti, Giovanni