Io su do Cenadi mica e Bolzano.

Ieri sera mi è successo una cosa che io definisco insensata per non dire stupida. Non mi trovavo a Bolzano, ma a San Vito sullo jonio dentro un locale che avevo curiosità di conoscere. Non vi dico del locale, a parte la fotografa che immortalava i clienti nell’atto di servirsi da soli, di bello c’era poco. E poi io sono calabrese, e mi chiedo quando mai un calabrese per mangiare deve “girighiara cu piattu ntra manu tavoli tavuli”. Mi sentivo come un percettore del reddito di cittadinanza. Fare la fila, e mangiare cose scelte per te, prima che tu li pensassi alimenti da mangiare. Giovanilismi per una età già vecchia. Non voglio fargli una cattiva pubblicità, ma sarà difficile che io ci possa ritornare. Odio i locali fotocopia che si adattano al brand o target commerciali. Specie quando nascono nei nostri paesi.
Non puntano sulle cose da mangiare e sulla loro qualità, ma generano solo eventi, immersi in un contesto non aderente all’identità del posto e dell’anima delle persone. Ma andiamo al fatto. Ho chiamato il cameriere ma lui una volta al tavolo mi ha detto: devi parlare italiano perché non ti capisco”. In un millesimo di secondo, in testa mi si sono materializzate le facce di tutte le persone che mi conoscono e per un’altro secondo mi son sentito nigru, extracomunitario, e proveniente da una regione al di là del Pollino e un po’ pure marziano. Non mi sentivo a mio agio, ci siamo alzati e siamo andati a mangiare una pizza in un altro locale. Tranquilli, abbiamo pagato, avevamo già consegnato l’obolo all’entrata. Il sindaco dovrebbe fare un’ordinanza e imporre a tutti i locali commerciali l’uso del dialetto ed eventualmente per chi non lo conoscesse istituire dei corsi prima dell’apertura. Come lo vedo, gli e ne parlo.