LA CLOACA MAXIMA

Se la coscienza non ha problemi
le parole non hanno potere su di essa
non la movimentano ne possono edulcorarla;
estrani gli algoritmi per resettarla o manipolarla.
La coscienza non è una medaglia da esibire
una scintilla che per inerzia molecolare
si accende per segnalare la presenza.
Il linguaggio è il suo cantiere di lavoro,
nel linguaggio se ne trova traccia
per mappare e testimoniare dell’uomo
o l’uomo sindacalista o la sua faccia.
La coscienza ha un vestito e per ogni parola,
basta avercela e scrive da sola
quello che è giusto dire o quello d’ascoltare,
quello che è sindacale e quello demenziale.
È una rosa con le spine
ma può essere pure biologico letame
e se nell’aria arriva fino al naso
la devi respirare per punizione.
La caratteristica della coscienza
è la sua volatilità il suo viaggiare.
Quando si usa per scrivere parole
l’inchiostro emana un gradevole odore.
Solo quando si sporca a chilometri di distanza
il fetore circolare, ti trova in ogni dove
e la senti come si sente il pergolato sulle strade.
Al di là del mio cielo, nuvole in movimento
preavvisano l’incipit del vomitare.
La bocca impasta parole per parlare
le mani scrivono riga su riga
la posta elettronica si inzuppa del nauseabondo.
L’odore comincia ad essere infernale
la puzza sovrasta il campanile
le rondini si ammassano sul tetto;
dove l’aria non ristagna e si è protetti.
Dalla finestra spalancata arriva nella stanza
la subisco è forte e si sente.
Mi affaccio per capire la provenienza del fetore
m’accorgo che è una coscienza che marcisce,
superato il mio orizzonte
dove la cloaca fa a pugni con il sole.