La Conferenza d’Organizzazione della CGIL Area Vasta Centro, dentro la democrazia della branda”

La conferenza d’organizzazione della CGIL Area Vasta Centro, si è conclusa. Questa per me è stata la seconda. Forse non ci sarà una terza. Ma vi dico la verità, mi sono bastate queste due. Nella prima, quella del 2015 mi ero preparato di più. Forse sono uno di pochi, che nella CGIL AVC, considera la Conferenza d’Organizzazione come un vero e proprio congresso. Avrei preferito un percorso più articolato più partecipato. Un lavoro territoriale più incisivo, che desse al documento finale una nostra visione per come declinare il sindacato nei nostri contesti territoriali. Ma come al solito la conferenza resta nell’Area Vasta Centro un rito burocratico per alzare le mani e votare i documenti licenziate dal nazionale. Persino le proposte d’integrazione alle schede messe in discussione, sono state ingurgitati nel testo senza che l’assemblea sapesse il contenuto. Abbiamo votato tutto e forse il contrario di tutto.

Se il congresso politico definisce la linea politica che l’organizzazione deve prendere con l’elezioni del segretario generale, quello organizzativo, invece, definisce gli strumenti e come questi strumenti sindacali debbono essere messi in campo per veicolare ed efficentare l’intera organizzazione in tutto i territorio nazionale. Non voglio dire che per la nostra Conferenza d’Organizzazione, avremmo dovuto aprire un sinodo come ha fatto Francesco per rinnovare la Chiesa, ma almeno un percorso meno burocratico e più partecipato. Quella del 2015, aveva partorito una serie di iniziative, che le strutture territoriali potevano adoperare per la loro riorganizzazione.

Quello che oggi viene descritto nella Tabella del documento d’organizzazione, è il risultato di quanto si era deciso nel 2015. L’intreccio funzionale e organizzativo. L’accorpamento territoriale di strutture, la riorganizzazione dei livelli di rappresentanza territoriale. Commissioni appalti. Incentivazione della telematica per la trasparenza e la partecipazione. Tante possibilità offriva il documento approvato, ma alla fine tutto si è concentrato solo sull’accorpamento territoriale. Tra i tanti emendamenti che ho presentato uno verteva proprio su gli incarichi. Ad esempio, uno in particolare riguardava il congelamento degli incarichi politici dei segretari, che sospendeva il vincolo dei due mandati per tutti quei territori che si fossero unificati. La nuova riorganizzazione territoriale che ha interessato pure le categorie, è stata usata dalla confederazione, più per liberarsi dal peso di qualche stipendio, che fino a prima dell’unificazione garantiva. Quella risorsa prima spesa per sostenere una categoria piccola, oggi non serve per compartecipare ad eliminare la precarietà nella stessa categoria. Impossibilitata a farlo da sola per la ridotta sostenibilità del proprio bilancio. Forse da sola la categoria non può eliminare la precarietà nella sua struttura organizzativa, ma se alcune risorse, invece di cancellarle per destinarle altrove, avessero un vincolo di solidarietà e fossero investiti per eliminare oggi la precarietà dentro ad alcune categorie; sarebbe come far continuare la lotta sindacale di quei compagni che dal cielo sarebbero contenti di sapere che il loro salario è servito ad uno scopo, invece di essere stato prosciugato da logiche burocratiche. Forse persino il nostro ex segretario, oggi consigliere regionale, sarebbe contetno se il suo salario non piu erogato dall’organizzazione servisse per eliminare la precarietà dentro l’organizzazione.

Per non essere frainteso, mi riferisco alla Fiom AVC. Non si può pensare di sopportare un comportamento politico della confederazione del “me ne frego“. Un compagno lavora nella categoria e il suo lavoro è valutabile non dai capelli che ha in testa, ma dal tesseramento. La Fiom ha vissuto nel mio territorio in questi ultimi anni, molti disaggi. Forse pure per colpa mia. Oggi c’è la possibilità di farla risorgere, ma non lo si può fare con la precarietà contrattuale di tempi determinati senza dignità.

La tabella è eloquente e dimostra quanto questa riorganizzazione ha cambiato la geografia territoriale della cgil in tutte le regioni. Non so se nelle altre regioni e nelle altre esperienza d’accorpamento funzionale, le altre cose che nel documento d’organizzazione del 2015 c’erano, sono state fatte. Nel mio territorio della CGIL Catanzaro Prima, oggi Area Vasta Centro Catanzaro Crotone Vibo Valentia, l’unica cosa ripresa dal lascito della conferenza del 2015, è stata l’unificazione funzionale. Ha interessato naturalmente tutte le categorie della CGIL. Da noi tutto è partito dal Regionale della CGIL. L’input lo ha dato il responsabile d’organizzazione. Ha avuto una prima convergenza politica nelle diverse province e poi, un anno dopo, quella contabile. Si è scelto questo percorso, perché all’epoca tutti erano entusiasti. Anche io in verità lo ero, anche se con tante critiche. Il principio era solidaristico e forse l’autorevolezza politica di chi ha portato avanti l’unificazione era di garanzia a tutti. Oggi non è più cosi. Dall’unificazione contabile, alla fine sono usciti i dolori. Come era prevedibile. Soltanto il responsabile dell’organizzazione regionale non se ne è accorto. Doveva essere una riorganizzazione territoriale dove tutti, per le loro possibilità e tutti per i loro bisogni, compartecipavano senza lasciare nessuno fuori. La solidarietà doveva essere il seme che marcendo nella vecchia organizzazione, fiorisse nella nuova Area Vasta Centro Catanzaro Crotone e Vibo Valentia. Non so quantificare il numero esatto, ma se parto da me, posso dire per come ho ricordato nel mio intervento, che oltre al congelamento e il prolungamento del mandato dei segretari generali, la costituzione dell’Area Vasta Centro ha generato uno scarto. Mi chiedo, quale organizzazione o riorganizzazione possa prevedere uno scarto, e considerare la sua realizzazione positiva. Da noi, oltre allo scarto, la precaria rappresentanza effettiva del mondo del lavoro nelle nostre istanze territoriali, è la cera lacca che certifica, quanto i documenti d’organizzazione, sia di quella passata che di quella che stiamo svolgendo oggi nel 2021, servono veramente a ridisegnare e potenziare tutte le nostre strutture territoriali.

Ancora più significativo del degrado democratico che si vive nell’Area Vasta Centro sono i locali della Camera del Lavoro di Catanzaro. Quella in Via salita Piazza Roma. Non sono venuti i fascisti a devastarla, ma una scossa di terremoto. Se nella relazione del compagno con delega all’organizzazione della CGIL AVC avesse inserito nella sua relazione la riapertura dei locali nei prossimi giorni e avrebbe dichiarato che non ci saranno più scarti; anche io gli avrei dato i complimenti per la relazione per come hanno fatto tutti quei compagni che sono intervenuti. Ma non posso farlo. Perché, nella relazione non c’è niente che i miei occhi potranno vedere già da domani la sua realizzazione. Veramente nemmeno tra un mese o un anno. Non ci ha detto come la confederazione prova a declinare la riorganizzazione. Nessun piano d’investimento, nemmeno di riorganizzazione territoriale. Non si apre nessuna Camera del Lavoro. Non si istituisce nessun nuovo servizio né nessun percorso per realizzarlo. Non ci dice come le nuove figure proposte dal documento d’organizzazione, vengono declinate nella nostra struttura. Non ci ha detto che sarà istituito uno sportello telematico sindacale che sarà fruibile nello stesso sito che si creerà, anchesso a breve. Naturalmente non ci ha detto come intende trovare le risorse necessarie e quali iniziative mettere in campo per aggredire il territorio e riprendere le centinaia o forse migliaia di iscritti che in questi ultimi anni si sono allontanati dal sindacato, dalla CGIL Area Vasta Centro. Per non parlare di come declinare il sindacato di strada e non farlo diventare solo un generico appiglio linguistico per far bella figura negli interventi. Forse, ma non l’ho sentito, si riacquisterà il camper per il sindacato di strada. Forse si utilizzerà per istituire una Camera del Lavoro itinerante, ma nemmeno questo ho sentito. Ho sentito invece il compagno dello Spi che ha parlato di contrattazione sociale nei diversi comuni, ma non l’ho sentito dire come la confederazione, ne lo stesso Spi, monitorerà la stessa contrattazione è si accerti che effettivamente i principi sottoscritti siano applicati nella politica sociale dei diversi comuni. Se i regolamenti delle varie imposizioni fiscali locali, abbiano incorporato quei principio sociale, oppure rimangono solo burocrazia buona per le foto rituali .

Parliamo di democrazia e partecipazione nei nostri documenti da sempre, ma l’uso del comitato di garanzia per i dissidenti o gli oppositori al pensiero unico “DATTILOSCRITTO”, è lo strumento più usato. Proprio a fronte di questo ultimo punto, io una proposta la farei. Quando qualcuno vuole mandare al comitato di garanzia qualcun altro per ipotetici violazioni, se dopo l’istruttoria la stessa denuncia è stata considerata dal comitato fuffa, colui che ha richiesto l’accesso al comitato prende un punto negativo, l’altro un punto positivo. Il punteggio viene mantenuto, e considerato nelle prossime istruttorie. Se dovesse incorrere in qualche pena, la sanzione sarà amministiata solo se si possiedono nel cassetto degli attrezzi punti positivi. Nel mio caso, sono stato mandato in 15 anni 4 volte. Tre sono stati fuffa, la quarta mi ha steso. Se avessimo applicato questo mio protocollo, oggi sono a credito e posso combinare qualche altra cosa. Nell’evenienza ho chiesto ai compagni del comitato Sud, che di sud non ha niente, di tenermi a disposizione la mia branda.

Persino il nostro Segretario Generale CGIL Regionale, nelle conclusioni all’assemblea d’organizzazione ha enunciato come principio di tutela della democrazia interna un assunto che potrebbe essere sintetizzato in: “democrazia della branda”. Che importa se nei territorio e nel nostro in particolare, c’è un malessere democratico. Tanto a parere del segretario ci pensano le lunghe e infinite procedure del comitato di garanzia o di altri organi di controllo. Magari quelli giudiziarie. La giustizia e la democrazia viene declinata dalla struttura regionale come una burocrazia politica solo legalitaria. Mica l’autorevolezza è uno strumento per evitare che alcune assurde posizioni di qualche dirigente o segretario generale debordano. Ormai il ricorso spasmodico alle istanze di garanzia dentro la democrazia interna dell’Area Vasta Centro è l’unico strumento che non serve a risolvere i problemi, ma soltanto li strumentalizza, vestendoli con la solita melassa del legalitarismo statutario. Non vorrei chiudere citando i Vangelo, ma quello di oggi 29 ottobre è adatto più di tanti richiami statutari. Perché distingue più di quanto fa il nostro segretario Regionale, il egalitarismo dalla giustizia sociale.