La medaglietta.

Per capire il presente configurato
bisognerebbe tornare nel passato
e sentire lo stesso lamento
rigenerare il medesimo comportamento.
Stesso nome, ma suono dimezzato
prima di me, con lui si è scontrato.
Sui giornali era finito il veleno e il conflitto
del passato e del protempore;
la diatriba era sul sociale dell’ammortizzatore.
A suo tempo non poté fare niente di menzognero
la contro parte da attaccare faceva paura
anche all’epoca sembrò una scocciatura
ma nei fatti è rimasto un fatto vero.
Fu partenopeo il punto più alto toccato
era l’unico modo per chiedere aiuto
stufi di sentirsi dire che non si può fare,
lottare per il pane dentro un imbuto
tappato per non sentire “scuarnu” e affare.
Passa il tempo ma il metodo non cambia
sempre dal suo posto imposta la posta
l’aggirare in contro mano del narrare resta
un difetto di pronuncia scritto sulla sabbia.
Prima il primo, poi il secondo dentro un inciso
ci sarà stato un terzo e qualche orecchio sordo.
I predecessori tutti hanno avuto modo
di togliergli la maschera senza svelargli il viso.
Chi governa la realtà chi ne è governato
portatore di un metodo dove gli è tutto concesso
diventa una iattura per silenziare il vociato.
Alla fine una medaglia, se l’è meritata.
L’incisione da un lato, ne ricorda il ritratto
come un inganno usato in fretta.
Sull’altro il ricordo di un verdetto
di natura strumentale, rimane scritto.
Giusto per essere riconoscenti
a chi negli ultimi anni ha difeso se stesso
usando gli altri per reggere un plesso
fatto su pilastri ormai decadenti.