La mia umile riflessione sul Vangelo di oggi. Marco 7, 31-37

Ci sono tre cose che nel Vangelo di oggi mi colpiscono. Il primo, il camminare di Gesù, lo spostarsi da una città ad un’altra da un territorio ad un altro. Come sta facendo in questi giorni Papa Francesco, allo stesso modo incontra tutti: cristiani, islamici, uomini e donne di religioni diverse, di lingue e dialetti diversi. 

E proprio in questa ottica la diversità è una ricchezza, perché ci mette in relazione con gli altri e ci fa dire che ogni terra straniera è patria. Non ci sono confini né muri né geografie politiche che possono ridurre e dividere l’umanità. Diversi non vuol dire essere stranieri, ma fratelli e sorelle appartenenti ad una sola patria, che più di quanto poteva essere intesa al tempo di Gesù, oggi ci fa dire che siamo tutti sulla stessa barca. Tutti sullo stesso pianeta terra. Diversi ma uguali. Francesco dice che la fede si comunica in dialetto, e Gesù ha aperto le orecchie del sordo muto con una parola nel suo dialetto. Affatà, apri. Allo stesso modo sempre in dialetto, a chiamato Papà, Dio.  Tante volte sento la parola “integrazione”, ma molte volte chi la pronuncia ha dentro un sotto inteso a mio modo sbagliato. Sembra che una buona integrazione deve cancellare tutto quello che un uomo o una donna un bambino o una bambina porta con sé, nel più profondo del suo essere. Quando si dice che i migranti debbono imparare l’italiano per integrarsi bene, più delle volte si vuole forzarli a cancellare la loro identità culturale e linguistica, perché tanti, non conoscendola oppure conoscendo soltanto i lati negativi che in molti casi i media rendono totalizzanti e in contraddizione con la propria cultura, vogliono allontanarli il più possibile dai loro ormai omologati e conformisti occhi occidentalizzati. Forse la mia sarà un’utopia, ma nel mio modo di essere umano, vorrei che tutti gli essere viventi di qualsiasi parte del mondo provengano, partendo dalle loro radici si implementassero avvicenda per creare una multiculturalità dove nessuno deve perdere ma tutti guadagnare dalle diversità degli altri. 

Il secondo aspetto che mi fa riflettere è la compassione degli amici di quel sordo muto, che lo portano davanti a Gesù, per curarlo. In questo caso, non vogliono, come succede in altri casi metterlo alla prova, ma il loro unico obbiettivo è curare il proprio amico. Anche questo aspetto oggi nella contemporaneità individualistica del nostro tempo, dovrebbe essere un monito per tutti. Ma in tanti casi non lo è. Anche noi oggi abbiamo amici sordomuti, non nel senso che non riescono a sentire o a parlare bene per una loro patologia. Nessuno potrebbe avere la possibilità di parlare se prima non ascolta l’altro. Questa capacità d’ascolto oggi è ridotta ai minimi termini. Fateci caso, persino nelle nostre discussioni ormai ci ascoltiamo, ma prima che uno finisce di parlare, l’altro nel frattempo ha già in testa la risposta. Le nostre discussioni sono allo stesso modo una sorta di balbettio di parole. Siamo sordi e balbettanti, anche se pensiamo di saper parlare o sentire le parole del gli altri. Alla fine in un così fatto rapporto dialettico, dalle nostre orecchie filtra un brusio senza nessun significato.  

La terza cosa invece è il toccare. Per guarire il sordo muto, Gesù deve toccare le sue orecchie, per meglio dirla, infilare le sue dita nei padiglioni auricolari e scapparli. Allo stesso modo per farlo parlare tocca la sua lingua con la sua saliva. Quanti di noi avrebbero il coraggio di fare questo gesto oggi. Forse a primo acchito ci disgusta, eppure se ci pensiamo bene, gli innamorati quando si baciano non fanno altro che scambiarsi la saliva. Gesù a suo modo ha baciato quel sordomuto, perché lo amava. E alla fine sospirando con gli occhi al cielo, a chiesto a Dio, il suo abba ma anche il nostro di guarirlo. L’amore guarisce ogni male, anche quello che agli occhi nostri appare impossibile. Il Vangelo di oggi finisce con un’altro aspetto. Anche questo un po’ contraddittorio, perché, quale uomo sarebbe stato capace di trattenere quello che ha visto fare, per il suo amico. Comandò loro di non dirlo a nessuno, ma più lo raccomandava più se ne parlava. Tenersi dentro l’amore è impossibile. Il bene quando è autentico, si espande a dismisura. 

Buona domenica.