Naturalmente meglio il murales che la vista di un muro piatto color cemento. Ma qualcosa secondo me bisogna dirla. Non posso dare nessuna valutazione artistica. Io a malapena riesco a dipingere decentemente le pareti della mia casa. Per questo motivo il mio giudizio artistico o tecnico non conta niente. Quello che conta a mio parere, è il giudizio di contesto dentro il quale il murales è stato realizzato. Di questo, penso di averne al pari di un critico d’arte: facoltà.
Sono nato a Cenadi, e mi piace pensare di essere stato, con i miei avi, quelli che gli rubavano il pescato al Conte Ruggero. Appartengo pure a quella fase storica per il quale questo posto veniva indicato con il nome di Lucenadi. Oppure Lucenado, luogo in cui si scava il marmo. Oppure riprendendo la luce che rifletteva sul lago che c’era prima: Luciante. Abbiamo riscontri storici, richiami in documenti che attestano che tutte le possibilità possono essere adoperate. A me piace sentirmi legato ad una comunità di uomini e di donne, che in qualsiasi fase storica in cui si trova, può riconoscersi Cenadese con tutta la storia dei luoghi che la compongono. Mi piace pensare che persino la nostra statua di san giovanni, è legata a una storia per la quale lui stesso imponendosi un peso sovrumano, ha deciso di rimanere in questo nostro luogo anziché andare in un altro con un altro nome e con un’altra storia.
L’idea del murales è apprezzabile e quando l’ho saputo ero contento. Poi tutto si è realizzato e quando l’ho visto finito per la prima volta, la prima sensazione che ho avuto è stata quella di schiacciamento. La prepotenza di colore mi spingeva dentro l’immagine, per finire appiattito dentro un senso che ho riconosciuto estraneo. Gli elementi che lo compongono, non mi richiamavano niente di quello che quella piazza ha rappresentato nella storia remota di Cenadi, ma anche nella storia recente. Anche se tutta la storia è storia contemporanea, quando si richiama.
Piazza Fontana è una piazza che non esiste. Non vorrei sbagliare ma nella toponomastica ufficiale, la piazza è intitolata al nostro compaesano Paolo D. Gallo. Il fatto di riferirci a quel luogo chiamandolo Piazza Fontana, è ascrivibile più alla toponomastica politica che l’ha impregnata di significato, più di quanto ha fatto il nome ufficiale assegnato al luogo.
L’artista non si è ispirato al mulino che c’era una volta. Persino la meccanica che fa andare la ruota, si ispira più alla pubblicità del Mulino bianco che alla storia di quel luogo. Non si è ispirato nemmeno a quei mulini che ancora esistono nel circondario, per realizzare il suo. I salti idrici costruiti in pietra, diventano archi che sovrastano un fiume mai esistito. Riferendoci all’andare dell’acqua, e alla forza che s’imprimeva sulla pietra per macinare la farina; potremmo dire che quello che doveva spingere il dipinto in orizzontale, l’ha spinto in verticale. Il risultato di questo movimento impedisce all’immaginazione di espandersi per ricercare momenti, storie, facce, aneddoti. Tutto rimane appeso in verticale, senza poter raggiungere nessuna memoria ricordo o addirittura sogno.
Naturalmente sono le mie impressioni, quello che a me ha provocato in sensazioni e ricordi. Ho pensato subito alla pubblicità del mulino bianco. E subito mi sono detto: se ci fossero state le caprette che fanno ciao, avrebbe potuto arrivarmi in testa pure Heidi con suo nonno. Invece è diventato uno spot pieno di colore che proietta l’immaginazione in luoghi che hanno più sintonia con il consumismo che con l’anima. Quella che dovrebbe uscire fuori da ogni rappresentazione artistica, che sia un murales o un quadro, se non ha un anima, rimarrà un abuso di colore su un muro di un paese anonimo.
Sarebbe stato interessante realizzare l’opera con la partecipazione di tutti. Usare la realizzazione del murales e il rifacimento della piazza, per iscrivere dentro le nuove generazioni, il valore dei luoghi. Se l’artista avrebbe fatto qualche striminzita ricerca storica, di sicuro dal suo pennello gli sarebbe uscito altra cosa. Bastava consultare il libro sul Cenadi, voluto dal l’ex sindaco Dottore Giovanni Maltese.
Non so se il rifacimento della piazza è stato programmato dalla vecchia amministrazione oppure se è tutta farina, mi berrebbe da dire, della nuova amministrazione. O addirittura del periodo commissariale. Soltanto se fosse stata pensata dal commissario prefettizio, potrei giustificarne la realizzazione fuori contesto. Soltanto un burocrata che non conosce la storia dei luoghi, avrebbe potuto realizzarla per come è stata realizzata. Ormai ce la teniamo così, forse un giorno passera qualche altro artista che renderà a tutto quel colore il suo giusto significato. Imprimendogli quell’anima che oggi gli manca.
Ma oltre al colore del murales, quello che ci preoccupa di più è la salubrità e la potabilità dell’acqua che alla fine uscirà dalla bocca del leone. Sarà come prima potabile, oppure no? La domanda ci viene spontanea. Ci preoccupa perché l’ultima volta, quando ancora il sindaco attuale non era Sindaco, ma solo vice in una passata amministrazione, si è occupato di una fontana in montagna. Prima ha fatto dichiarare la non potabilità dell’acqua, poi nel giro di un anno e mezzo si è seccata.
