Sono arrivati i soldi al Sud. Li ha portati il Presidente del Consiglio insieme ai ministri Provenzano e Azzolina. Per come hanno fatto vedere nelle diapositive per le 8 regioni del Sud la somma è di circa 100 – 120 miliardi. Comprende anche la rielaborazione di altri finanziamenti già assegnati, ma dalle informazioni non sappiamo con esattezza quanto soldi aggiuntivi ci saranno. Se facciamo i conti della serva, i 100 miliardi previsti dal Piano Sud nel decennio che va dal 2020 al 2030 divisi per le regioni interessate dovrebbero essere all’incirca poco più di 1 miliardo di euro l’anno per ogni regione. Considerando anche che nell’ultimo decennio i finanziamenti per il Sud sono scesi dai 21 miliardi di euro nel 2008 a 10 miliardi nel 2018. Possiamo smentire la propaganda con la quale si sostiene che al Sud si sprecano i soldi. Almeno che ce li dessero prima di poterli sprecare. “Quantu redditu e cittadinanza ancora avanzammo”. Naturalmente non possiamo contrapporre le due misure. Sarebbero complementari se nel piano per il sud, oltre ai numeri per indicare i soldi che vengono finanziati nel corso del prossimo decennio, sarebbe stato possibile fissare oggi quanti di quei 160 mila persone che percepiscono il reddito di cittadinanza in Calabria. – Campania 500.000; Sicilia 400.000, Puglia 200.000- , trasformeranno il reddito in salario da lavoro.
Il piano proposto ci sono tante cose che a vederle scritte non si potrebbe che essere felice se effettivamente si facessero. Chi non vorrebbe avere scuole sicure e aperte tutto il giorno. Ridurre i divari territoriali nelle competenze scolastiche. Chi non vorrebbe avere una mobilità interna e esterna, ai livelli delle regioni del Nord. Chi non vorrebbe avere un’amministrazione efficiente e digitalizzata. Un sud connesso e inclusivo. Un Sud rivolto ai giovani dentro una rivoluzione ecologica. Se torniamo indietro con il tempo, tutto sembra roba già vecchia, anche se declinata diversamente. In sintesi, la potremo paragonare alla promessa di Renzi, quella che fece sulla autostrada Salerno Reggio. Non ricordo se in passato ci sono stati piani, meno ambiziosi di questo. Ma ormai tutto è cronaca passata. Promesse ormai superate dal tempo. Di sicuro è lontana dalla proposta che fece l’ex ministro Lunardi, il quale aveva suggerito di contaminarsi con la mafia per poter investire concretamente al Sud. Non tiriamo in ballo il ponte sullo stretto di Messina, perché ormai dovrebbe essere preistoria anche se in questi giorni, qualcuno ancora ci pensa.
Siamo stati negli ultimi 60 anni invasi di proposte, piani ed interventi per il Sud che hanno sempre detto e scritto cosa avrebbero fatto. Sarebbe stato un piano diverso dagli altri, se oltre ai numeri e alle diapositive e il posto utilizzato per la presentazione, ci sarebbero stati piani e programmi di lavoro obbiettivi certi e cantierizzabili già da subito. Per questa ragione bene a fatto il nostro segretario Generale Angelo Sposato a chiedere che venga al più presto delineato un percorso certo e un cronoprogramma nonché l’attuazione dei tavoli del patnariato. Queste ultime previste dello stesso piano per il Sud. Si stanno aspettando le procedure burocratiche per attuare la ZES, (zone economiche speciali). Zone delimitate territorialmente nelle quali le Aziende che investiranno, avranno una fiscalizzazione temperata e agevolata. A questo proposito avrei preferito che al posto della parola speciale ci fosse la parola “Sociale”. Avrei preferito che in aggiunta alla zona e la soglia di sgravi, non meno importante la semplificazione delle procedure amministrative; ci fosse stato un altro modo di intendere il perimetro. Non solo attraverso gli incentivi fiscali e agevolazioni burocratiche alle Aziende, ma anche allo stesso modo i lavoratori interessati dovrebbero trarre dei benefici. Mi chiedo nelle zone economiche speciali, sarà applicato il job act? Come possiamo frenare l’appetito di alcune aziende che con il job act ci hanno lucrato beneficiando solo dei contributi. La frammentazione e la precarietà dei contratti di lavoro rimarranno come nel resto delle zone non speciali della Calabria, oppure i lavoratori interessati avranno dei benefici ulteriori. Il welfare contrattuale sarà effettivamente usato dai lavoratori oppure accadrà come nelle altre parti, che per mancanza di convenzioni con strutture sanitarie, i lavoratori ci debbono rinunciare. I contratti di lavoro nelle ZES saranno tanti oppure ce ne sarà uno, magari di sito o meglio di zona, che scambiasse la “S” da speciale in “Sociale” e contenesse dentro la giustizia contrattuale, escludendo le possibili competizioni tra i CCNL garantendo tutti i lavoratori interessati.
Io non vorrei che visto le fibrillazioni del governo in questi giorni, il piano del Sud non sia una mancetta, per far passare prima che il governo cadi, la riforma sull’autonomia differenziata. Non saprei, ma il format rimane chiuso dentro alla propaganda dei numeri, per adesso solo declinati. Ma prima che diventino soldi lavoro e prospettive bisogna sperare che il governo duri.