L’equilibrio dentro la CGIL Area Vasta Centro.

Da quando sono stato scartato dall’organizzazione non ricevo più nessun calendario. Quest’anno il regalo ve lo faccio io a voi. Vi regalo un calendario adatto a chi come me è affascinato dallo squilibrio del Vangelo. Così lo definisce Francesco: “Il Vangelo è una dottrina squilibrata”.  

So che dentro l’organizzazione tanti hanno nel Vangelo un punto fermo di riferimento, anche se per molte ragioni debbono nasconderlo, sopirlo dentro la contrapposizione quotidiana tra cordate di potere e indifferenza.  Capisco che a molti di voi, piace più perseguire con ogni mezzo dentro l’organizzazione, l’equilibrio della sicurezza, della stabilità. Al contrario il Vangelo destabilizza pone interminabili domande, inquieta.  Per molti di voi e in particolare chi ha cariche, piacciono più le risposte che generano uno sterile legalitarismo burocratico, confezionato nell’egoismo individualista di chi è meglio proteggere, difendere, che contraddire.  Don Ciotti dice che  “La testimonianza cristiana e la responsabilità civile devono camminare insieme”. Mi chiedo se quelli che si definiscono cristiani dentro l’organizzazione si sentono responsabili, quanto si commettono palesi ingiustizie, e quanto si sentono individualmente responsabili delle ingiustizie che colpiscono gli altri. 

Francesco in una sua catechesi afferma: “Se infatti una persona non si arrabbiasse mai, se non si indignasse davanti a un’ingiustizia, se davanti all’oppressione di un debole non sentisse fremere qualcosa nelle sue viscere, allora vorrebbe dire che non è umana, e tantomeno cristiana. Esiste una santa indignazione. Gesù non ha mai risposto al male con il male, ma nel suo animo ha provato questo sentimento e, nel caso dei mercanti nel Tempio, ha compiuto un’azione forte e profetica, dettata non dall’ira, ma dallo zelo per la casa del Signore». 

Se mi fossi accorto in anticipo dell’enorme e smisurato individualismo che è celato dentro il modo di vivere dentro l’organizzazione, forse non mi sarei fatto fottere da Scalese, o da Talarico, o dall’ex segretario confederale Mammoliti, perché ho avuto tante occasioni per scegliere i miei interessi personali, che difendere la mia dignità d’uomo e di sindacalista. Bastava attaccare i buoi dove volevano gli altri. O parafrasando Francesco: lasciare che i mercanti dentro  l’organizzazione facessero mercimonio. 

“Se la grande organizzazione sindacale che ti protegge dovesse declinare, ricominceresti a subire le stesse umiliazioni di una volta, saresti costretto alla medesima sottomissione, al medesimo silenzio; dovresti ancora una volta piegarti sempre, sempre sopportare, non osare mai alzare la voce.” Così definiva le organizzazioni sindacali Simone Weil. Non dovevo pensare che la filosofia, la letteratura, la storia personale potessero essere più forti delle cordate di potere, né che la mia onestà intellettuale fosse un valore per superare le possibili intromissioni furbesche di burocrati senza rispetto. 

Potrei citarvi una marea di altri pensatori, che si contrappongono al modo di essere sindacalisti dentro l’area vasta centro. E non solo filosofi preti o teologi, ma tanti giganti del sindacato. Ma non servirebbe a niente, perché chi è imbottito dalle sole parole per sentito dire, non vive sulla propria carne il potere che le stesse parole hanno,  né riuscirebbero a plasmare la propria coscienza. Troverei solo muri di gomma oppure una pozzanghera di fango che inghiottisce tutto, per non lasciare in superficie niente. 

Ho sbagliato, ma non mi pento di niente. Una cosa sola mi rattrista, aver pensato di poter essere me stesso, pensando di aver vissuto una buona parte della mia vita, in mezzo a tanti che della mia vita sindacale ne hanno fatto  mercimonio e alla fine scartata. 

Buona giornata. 

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