“Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito! Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume.”
Forse è il potere, ma Landini non è più il Landini di un tempo, almeno non quello che tanto apprezzavo. Ormai sembra essersi degradato, così come Scalese, segretario confederale della CGIL per l’area vasta centro. Il sospetto che stia diventando un politicante come tanti altri è sempre più forte. Il potere logora chi ce l’ha.
Ho avuto modo di sperimentare personalmente una caratteristica comune a quasi tutti i dirigenti apicali: la deresponsabilizzazione. Trovano sempre un modo per lavarsi la coscienza e non si assumono mai la responsabilità morale ed etica delle ingiustizie che si consumano all’interno dell’organizzazione. È quasi impossibile confrontarsi con loro: vivono in un Olimpo distante dagli uomini. Guardano tutto dall’alto in basso, e ciò che trasmettono attraverso i media è un’immagine falsata, lontana dalla realtà, che invece fa emergere ben altre verità.
È falso quando Landini afferma che i servizi come INCA, CAAF e ALPAA siano autonomi e non abbiano nulla a che fare con la CGIL. È falso perché da sempre i dirigenti, sia nazionali che territoriali, nei loro interventi considerano tutti i lavoratori sindacalisti del sistema servizi come un unico corpo, un’unica famiglia. Ma sappiamo bene che, come avviene per le violenze domestiche, è proprio all’interno della famiglia che spesso si nasconde la violenza.
È altrettanto falso sostenere che la CGIL non abbia responsabilità, poiché tutti i dipendenti, sia dei servizi che della CGIL, sono soggetti a un unico regolamento del personale, erroneamente definito da molti un contratto di lavoro. Non ho certezza se nell’ultimo congresso ci siano stati cambiamenti del regolamento, ma rifacendomi a quello che hanno disapplicato a me, l’articolo 1 recita: Esso si applica a tutto il “Sistema CGIL”, composto dalla CGIL nazionale, dalle strutture territoriali della CGIL, dalle Categorie della Confederazione, dagli Enti e dagli Istituti collaterali e, se espressamente previsto nei rispettivi ordinamenti, da altre strutture promosse dalla CGIL.
Tutti i dipendenti e gli iscritti sono teoricamente vincolati al codice etico, anche se troppo spesso viene applicato in maniera arbitraria, o non viene applicato affatto. Dipende sempre dal rapporto personale che lo sfortunato ha con il segretario confederale.
Credo nel sindacato e nella CGIL. Credevo e credo ancora nel ruolo del sindacato, più di tanti che oggi si ritrovano, senza avere alcun merito o una storia politica, a ricoprire posti dirigenziali, solo perché fedeli al segretario confederale protempore. In alcuni territori la CGIL è una bolla, una sorta di confessione religiosa. Più o meno come lo sono i Testimoni di Geova, che condannano l’apostasia e marchiano chiunque non si adegua – o, come si dice in gergo, si consegna.
Se per Libera la corruzione ormai si è normalizzata in Italia, diventando una vera e propria patologia nazionale che coinvolge amministratori, politici, funzionari, manager, imprenditori, professionisti e mafiosi, in altri ambiti meno esposti – e in special modo al di qua del Pollino – la corruzione assume altre forme: favoritismo, raccomandazione, abuso di potere. In questo contesto, come si dice dalle mie parti, il più pulito ha la rogna. Non possiamo pensare che in Calabria tutti siano marci, tranne i dirigenti della CGIL Area Vasta Centro, perché anche loro, seppur in modo diverso, sono inseriti in questo contesto criminogeno. Se per un amministratore o un politico corrompere rappresenta un disonore, oltre che un reato, per un sindacalista – come il segretario generale confederale della CGIL Area Vasta Centro – licenziare ingiustamente un lavoratore con artifizi burocratici è, a mio modesto parere, altrettanto disonorevole.
Se tutto questo non sconvolge gli occhi di chi ne è a conoscenza, allora significa che l’omertà non è solo appannaggio della criminalità organizzata. Al contrario, essa si cela dietro comportamenti apparentemente legali, che generano ingiustizie, poi nascoste e insabbiate per non alterare le rendite di posizione che si cerca a tutti i costi di mantenere.
Landini ha regalato alla Meloni il libro di Camus. Io non so se effettivamente lo abbia mai letto per intero, o se glielo abbiano consigliato altri. So però che, in quel libro, quando il ribelle si oppone all’ingiustizia, non lo fa solo per sé, ma per un’idea di giustizia valida per tutti. Questo fa della rivolta un gesto che connette l’individuo agli altri, generando solidarietà. Camus propone nel suo testo una visione della rivolta come elemento essenziale per vivere in modo autentico e umano, non come fanno tanti all’interno dell’organizzazione, dove il burocratismo e la disumanità prevale e si perseguono solo interessi personali o di cordata.
Io a Landini consiglierei di leggere un altro testo: Il coraggio di essere liberi e Il bisogno di pensare di Vito Mancuso. Riprendendo un’affermazione del fisico Niels Bohr, nel primo libro troviamo questo concetto: ci sono due tipi di verità – le verità semplici, dove gli opposti sono chiamati assurdi, e le verità profonde, riconoscibili dal fatto che l’opposto è, a sua volta, una profonda verità. Nel secondo libro, invece, riprendendo Eraclito: Il sapere molte cose non insegna ad avere intelletto. Vi sono persone sagge che non sanno rendersi conto intellettualmente della loro condizione, eppure sanno risolvere problemi, conciliare animi, mettere in equilibrio situazioni complesse. Viceversa, vi sono eruditi capaci di discettare per ore ma che non capiscono né le situazioni né le persone, e non risultano affatto saggi, o perché pieni di sé e del loro sapere, o perché persi nelle nuvole dei loro pensieri.
Per finire, cercando di sintetizzare tutto in una frase, credo che in Luca 6,44 possiamo trovare le parole per concludere questa mia dissertazione: “Ogni albero si riconosce dal suo frutto”.
E se dentro l’organizzazione i lavoratori sono considerati merce da macinare licenziare e scartare se non si allineano o si consegnano, vuol dire che il frutto al di qua del Pollino e nella CGIL Area Vasta Centro è già marcio dentro. Anche se si riveste di fresco ad ogni occasione.