Pane vino asciugamano e traditore. 

Questa mattina siamo messi ancora una volta di fronte all’incomprensione, ai dubbi, dei discepoli, del discepolo che è ciascuno di noi.

È il momento dei preparativi perché Gesù “possa mangiare la pasqua”. È la sua “ora”: l’ora in cui il Figlio dell’uomo vivrà il suo passaggio alla vita libera dal potere della morte, e lo vivrà proprio attraversando, affrontando e vincendo quella stessa morte. Gesù è sicuramente il protagonista di questi ultimi eventi: tutto avviene come egli descrive, i discepoli trovano esattamente come Gesù annuncia.

Ma nelle parole di Gesù c’è anche un noi: “Perché io possa mangiare la pasqua con i miei discepoli”, “lì preparate la cena per noi”. Gesù sta per vivere la sua passione, il suo passaggio pasquale attraverso una morte violenta, ferito non solo nel corpo ma anche nelle sue relazioni, tradito, rinnegato, “come sta scritto di lui”. 

È la sua pasqua, assunta e vissuta nella dimensione del dono e resa comprensibile per noi, uomini e donne di ogni luogo e di ogni tempo, nel pane spezzato e condiviso. Ed è proprio in quel pane e vino condivisi che Gesù apre la sua pasqua al “noi”: nel dono della sua vita significato dal pane e dal vino eucaristici, dono della vita per la vita di tutti, egli ci trascina nel suo passaggio alla libertà, apre anche per noi la via della resurrezione, della liberazione da ogni schiavitù che ci opprime. A ogni eucaristia noi siamo partecipi della sua pasqua, che diviene la nostra pasqua per la vita.

Ammutoliti, ancora una volta, di fronte alla follia dell’amore, ecco che la pagina evangelica rivela anche tutta l’incapacità degli esseri umani di comprenderlo. Gesù raggiunge il luogo preparato con “i dodici”: è circondato dagli amici più intimi, dai suoi affetti, con cui ha condiviso il suo crescere come Figlio. Attorno a quella tavola i dodici ricevono il pane e il vino della pasqua, e proprio tra quei dodici invitati, “uno di voi … mi tradirà” (v. 18). Gesù è l’orante del salmo che canta: “Anche il mio amico di cui mi fidavo / anche lui che mangiava con me lo stesso pane, / adesso alza contro di me il suo calcagno”.

“Uno di voi”, Gesù non lo nomina, e con questa affermazione provoca tutti a mettersi in discussione, non c’è garanzia di non tradire! E infatti tutti sono abitati dal dubbio: “Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l’altro: ‘Sono forse io?’”. Nessuno che si sia alzato e con decisione e forza abbia potuto affermare la sua innocenza! Il tradimento è al cuore del gruppo degli amici intimi, di coloro che sono stati invitati a preparare la cena della pasqua del Signore.

Il tradimento è paradosso perché allo “stare con lui” al quale questi uomini erano stati chiamati, contrappone il “consegnare” (paradídomai, verbo della passione), la separazione più assoluta. La chiamata di Gesù è ingiustificabile: il traditore è lì, è attorno a quella tavola della pasqua del Signore, sono quei dodici che ricevono il pane e il vino della pasqua. Siamo noi che siamo invitati a quella stessa tavola, noi chiamati a prepararla e a prendervi parte per la nostra salvezza, noi possibili traditori, rinnegatori, noi in fuga di fronte alla sua croce. Ma proprio a noi Gesù dirà: “Prendete, questo è il mio corpo per voi”, follia di un amore senza misura.

Papa Francesco Evangelii Gaudium: “Ai cristiani di tutte le comunità del mondo desidero chiedere specialmente una testimonianza di comunione fraterna che diventi attraente e luminosa. Che tutti possano ammirare come vi prendete cura gli uni degli altri, come vi incoraggiate mutuamente e come vi accompagnate: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» 

Mons. Tonino Bello (La Chiesa del grembiule): «’Si alzò da tavola, depose le vesti e si cinse un asciugatoio’: ecco la Chiesa del grembiule. Chi vuole disegnare la Chiesa come il cuore di Gesù sente, la dovrebbe disegnare con l’asciugatoio ai fianchi. Qualcuno potrebbe obiettare che è un’immagine troppo da serva, troppo banale, una fotografia da non presentare ai parenti quando vengono a prendere il tè in casa. Ma la Chiesa del grembiule è la Chiesa che Gesù predilige perché Lui ha fatto così. Diventare servi del mondo».

Dentro le nostri carni 
alita il tradimento di Giuda.
Sotto il palato e sopra la lingua 
rinneghiamo l’amicizia
e la saliva deglutiamo, asciutta.
Ogni mattina il canto del gallo 
ci entra nelle orecchie
a ricordarsi il morso del diavolo.
Siamo corpi per il peccato 
macigni di ferro articolato
che si muovono in direzione
ostinata e contraria alla giustizia. 
Le nostre strade calpestiamo 
per rimanere saldi a terra.
Tutto è potere delirante 
tutto è delirante potere. 
Ma dentro il nostro cuore 
una scintilla d’umiltà 
ci inchioda sulla croce di legno 
e sappiamo di essere nulla 
d’innanzi a te. 
Puntini di luce che s’oscuravo
nelle nostre vanità.
Fin quando unite tutt’e insieme 
splenderanno attratti gli uni con gli altri 
in un impasto di pace 
quando non si distinguerà più:
la terra con il cielo.