Parità di genere in Calabria: la fuffa della destra e della sinistra.

Le cose si erano già messe male dall’inizio. Lo sforzo di trasformare una legge di tutti che avvantaggerebbe tutti e l’auspicio di votarla non a maggioranza, ma con il più largo consenso di tutti i consiglieri presenti, era l’unico vessillo che i promotori delle legge sulla rappresentanza di genere, tiravano fuori per anticipare una loro possibile contro risposta, se gli appelli non fossero ascoltati. L’iter di questa legge non è degli ultimi mesi, ma del 2015, la stessa riprendeva le indicazioni della legge nazionale n. 215 del 2012 (Disposizioni per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali. Disposizioni in materia di pari opportunità nella composizione delle commissioni di concorso nelle pubbliche amministrazioni). Arrivata nel 2019 al ridosso delle elezioni regionali, non poteva non diventare merce elettorale. Votata in precedenza in commissione da tutti i componenti di tutte le forze politiche, nel Consiglio Regionale del 15 aprile è stata azzoppata.

Il consigliere GRECO Orlandino (Oliverio Presidente) di maggioranza ha votato apertamente contro sostenendo a suo avviso che la forza di una legge sulla parità di genere doveva accompagnarsi da altri strumenti. Contrario ad ogni sorta di strumentalizzazione politica sulla vicenda. Il consigliere TALLINI Domenico (Forza Italia) gravato dalla sua storia personale, non è riuscito a non soffrire nel sentire cantare Bella Ciao da chi stava manifestando fuori dal Consiglio Regionale, confondendo la ballata della libertà, in un vessillo della sinistra. Secondo me si è tenuto, ma voleva dire Comunista. Come un abile politico ha usato per un suo consumo propagandistico, tutto quello che in quella giornata gli poteva capitare a tiro. Ha iniziato con Bella Ciao, per finire per come lo ha chiamato lui, al Valzer dell’ipocrisia della maggioranza. Il consigliere Bova, nel suo intervento passionale, ha messo gli accenti sulla responsabilità della maggioranza. Il consigliere ORSOMARSO Fausto (Gruppo Misto) a nome di tutti i gruppi dichiara che l’intera minoranza si astiene, sia sugli emendamenti che sul voto finale. Ricercando l’ennesimo tentativo di riportare in commissione la legge. Nessun appello è stato accolto e sapendo d’essere respinta, i promotori della legge hanno insistito, sbattendo contro il muro dei voti insufficienti.

Ci si poteva provare l’ultima carta prima delle elezioni regionali e identificare alla fine della fiera, chi veramente era contro o a favore, ma forse la campagna elettorale per le regionali è meglio che si cominci prima. Insomma, il finale è stato condito con l’abbandono dall’aula di alcuni consiglieri di maggioranza.

Per quello che penso io, credo che alla fine possiamo tirare le dovute conseguenze. In Consiglio Regionale i consiglieri non sono né di destra né di sinistra. Naturalmente appartengono tutti a forze che si identificano, ma per come è andata a finire la votazione della legge in Consiglio Regionale, non c’è stata ne la sinistra né la destra a bocciare la legge, ma l’idiozia di chi dentro il Consiglio Regionale ha pensato che li potesse rappresentare. Ormai succubi della propaganda elettorale, hanno trasformato la votazione della legge sulla parità di genere, in un avvenimento elettorale da giocarselo vicendevolmente. L’uno accusando l’altro e viceversa.

L’astensione del voto dei calabresi nelle elezioni regionali è l’unica preoccupazione democratica che veramente dovrebbe essere posta nell’agenda della politica. Nella nostra condizione, nessuna legge sulla parità di genere avrebbe valore, perché persino le donne impegnate in politica, sarebbero sottoposte al controllo misogino di chi compone le liste e di chi scegli i candidati. Nel paradosso della democrazia calabrese, meno persone vanno a votare e più il voto potrebbe essere controllato e indirizzato. Persino la legge sulla parità di genere, potrebbe essere uno strumento clientelare per trasformare le donne, in merce di sola propaganda politica.

La fotografia plastica e in 3D di un Consiglio Regionale, ormai assuefatto dai giocattoli pre-elettorali, si è creato una sorta d’avvenimento istituzionale da usare per attenuare la già precaria condizione politica del Presidente Oliverio e della sua maggioranza. Una Sceneggiatura scritta da tempo, ma che si è voluta trasformare scientemente in una contrapposizione politica che da li a breve sarebbe diventata contrapposizione elettorale. Il suo intervento da tribuno, è stato l’avvio della campagna elettorale.

Già da tempo i lavoratori Calabresi hanno potuto toccare con mano, il gioco perverso del Presidente Oliverio e della sua maggioranza. I comportamenti parlano più delle parole. Rammento quando strumentalmente si è contrapposto alla manifestazione Regionale del 16 dicembre 2017, indetta dalla CGIL e dalla UIL. Quando attraverso la compartecipazione di una sigla sindacale compiacente ha tentato di boicottare la manifestazione. Non ci è riuscito. Un presidente che è contro i lavoratori, mai potrebbe essere a favore di una partecipazione più consistente delle donne in politica. I secondi, la sua maggioranza/nze, invece toccano sulle loro carni la condizione di disaggio con cui i Calabresi debbono sopravvivere. Basta che piove, o essere costretti ad andare in ospedale. Per non parlare del mancanza del lavoro. L’ipocrisia politica di questa giunta e del suo presidente, è accentuata quando si scaglia contro il Regionalismo Differenziato. Nella Sanità dei commissari e delle dispute istituzionali del presidente Oliverio, ci rimane solo quello che i calabresi in Sanità vivono da sempre. Si emigra e ci si cura nelle regione ricche al di la del Pollino. Del Regionalismo Differenziato i Calabresi sanno cos’è e non è stato Salvini a farglielo provare sulla propria pelle, ma Oliverio e i commissari e la sua giunta, insieme alla sua maggioranze raffazzonate. Per non parlare della giunta regionale, visto che la presenza delle donne è ridotta ai minimi termini. Non possiamo sperare niente di buono nemmeno dal Governo, visto che l’unico intervento che ha fatto con il decreto ultimo sulla sanità calabrese, è stato quello di aumentare i compensi agli stessi commissari.

Come per il lavoro, non bastano le leggi per crearlo, anche per la parità di genere, non serve la legge elettorale ma un complesso di comportamenti e di interazione paritarie tra uomo e donna, che parte dal basso e arrivi in tutte quelle istanze che per il loro funzionamento necessitano della parità di genere. Dalle istituzioni, passando ai partiti e finendo alle associazioni, il compito principale di tutti è costruire istanze che possano rappresentare tutti, partendo da una sola cosa; il rispetto delle persone e delle loro diversità.

Al di la dei batti becchi dei consiglieri regionali, un esempio di quanto la legge elettorale da sola non garantisca una adeguata parità di genere tra uomini e donne, è la Regione Basilicata. Possiede una legge simile a quella che si voleva far passare in Calabria. Una sola donna siede nel consiglio regionale della Basilicata. Se la classe politica rimane quella che oggi compone il Consiglio Regionale della Calabria, l’unica opportunità per le donne è diventare maschi. Oppure farsi invitare dal Presidente Oliverio, quando per promuovere la Calabria spende assurde cifre, con l’unico obbiettivo di promuovere se stesso.