Primo improbabile intervento nel Comitato Direttivo congiunto Fiom e CGIL Calabria.

O.d.G : Lettera aperta al segretario regionale CGIL Angelo Sposato

Maurizio Landini – Vibo Valentia 10 gennaio 2020 – :”Discutere di riforme istituzionale, come qui è stato fatto dei piccoli comuni, guardatela da un’altro punto di vista, cosa significa. Significa che in molti casi non hai neanche le professionalità non hai neanche le competenze per sviluppare e progettare determinate cose. Il problema non e che tu mi dai i soldi, il problema come aver progettato prima di spendere quei soldi li, e come li vuoi mettere in campo”.

Io proprio da questo tema, voglio partire per esprimere il mio parere sull’iniziativa di Venerdì scorso a Vibo Valentia.

Importante iniziativa che colloca la CGIL Calabria ma anche la neonata CGIL Area Vasta Centro dalla parte giusta, quella dell’antimafia. Per come è stato ricordato dalla Compagna Vaiti Caterina che presiedeva l’assemblea, altre iniziative saranno organizzate per sostenere il procuratore Gratteri e l’intera procura i Catanzaro insieme alle forze dell’ordine. Contro la ‘ndrangheta e il potere criminale colluso con massoneria deviata e politica.

La prossima manifestazione il 18 Gennaio a Catanzaro.

Naturalmente si è parlato di lavoro, di investimenti che mancano. Di soldi e finanziamenti Europee. Landini si è soffermato sul punto a mio avviso importante, quello della progettazione e attuazione preventiva di un percorso che impegni i soldi dopo aver pensato a quello che si vuole fare, non a rincorrerli dento a pastoie e meccanismi burocratici. Se i soldi restano perché non vengono spesi, bisogna liberarli prima possibile e usarli dentro una progettazione e dentro uno scopo che proietti la Calabria che si vuole costruire, non dentro alle solite campagne elettorali che ormai sono diventati perenni.

Naturalmente mi unisco agli auguri per i compagni che hanno deciso di impegnarsi nelle elezioni regionali del prossimo 26 gennaio. L’unica cosa che gli chiedo, è la promessa che una volta eletti consiglieri regionali chiederanno al consiglio regionale di legiferare impedendo a Salvini di transitare nel territorio Calabrese. Se è possibile tenerlo lontano a 6 miglia dalla costa. Via terra, ho sentito alcuni miei amici e compagni Lucani e mi hanno detto che dalla loro terra ci pensano loro a non farlo passare. Al Pollino non ci arriva. Lo so, non si può fare, ma almeno ricordategli sempre, che la Calabria è anti fascista.

Ecco, una cosa che invece si potrebbe fare. Caratterizzare ancora di più lo statuto regionale con l’esplicito richiamo all’antifascismo nell’articolo 2. Magari alla Cittadella Regionale insieme a San Francesco di Paola, posare una pietra d’inciampo in memoria dell’anti fascismo Calabrese.

Il Segretario Generale Regionale, Angelo Sposato ormai da tempo insieme a altri compagni di altri territori, sostengono la necessità di unire i piccoli Comuni. Molto spesso però viene lanciato come slogan e in modo semplicistico si arriva a ritenere che basta unire i comuni da un punto di vista burocratico sotto uno stesso campanile per aiutarli a sopravvivere dall’ormai abbandono e dalla desertificazione umana.

Voglio dire prima di tutto che io sono d’accordo all’unione dei piccoli Comuni. Sono d’accordo persino alla annessione di altri comuni in comuni più grandi. Sonno ancora d’accordo se una frazione di un comune grande, volesse diventare comune autonomo con il proprio nome. Sono d’accordo fondamentalmente sull’autodeterminazione dei popoli. Io sono più radicale di Salvini sull’argomento, oltre all’autodeterminazione dei popoli, aggiungerei l’autodeterminazione delle comunità. Lo so, la sentite dire a da lui, ma la mia idea è intesa dentro un percorso d’autonomia nella reciproca solidarietà e dentro ad un percorso che sia prima di tutto partecipato e culturalmente condiviso. Un percorso, che sia di unione o di accorpamento o di nuova costituzione, deve essere prima di tutto costituente di una identità territoriale che ha valore non perché è stato realizzato, ma più importante è, come viene realizzato. Il referendum alla fine di tutto il percorso, perché è comunque necessario, non sarà una certificazione di maggioranze, ma una vera attestazione della nuova identità costituita.

La differenza sostanziale tra il mio ragionamento e il ragionamento che viene proposto dal Segretario Regionale non è sul fine, ma sul percorso e gli strumenti che si attuano per unire ed essere effettivamente un solo comune. Certo è vero tutto quello che si dice in relazione ai vantaggi del unione. Se due Comuni si uniscono oltre agli incentivi economici si aggiungono tante altre possibilità. Sia da un punto di vista della gestione e organizzazione di tutti i servizi. Ma anche sociale e riduzione della spesa. Sarebbero tante le cose positive che non vale la pena elencare. Ma l’unico problema rimane identicamente uguale sia se siano uniti o che non lo siano e cioè: la volontà politica, la competenza, l’onesta e aggiungerei anche il senso civico della classe politica locale, altrimenti, l’unificazione o la solo grandezza dei numeri non basta.

Un esempio lo troviamo in Roma Capitale. Lasciamo stare la gestione capitolina della Raggi, ma nei municipi, in alcuni ormai grandi quanto città metropolitane, la spinta è contraria. Si chiede più autonomia ai municipi e contestualmente l’istituzione d’altri, riducendone la grandezza di quelli già istituiti. Si pensa che in quel caso un più diretto controllo del territorio, possa risollevare le periferie dal degrado ormai generalizzato. Faccio questo esempio, soltanto per dire che non è un assunto che vale comunque e in tutte le direzioni l’unificazione e l’allargamento del territorio in un unico soggetto giuridico. Credo che sia più giusto aggiungere e valutare tante altre caratteristiche, considerare l’unificazione dei Comuni la riforma necessaria per connettere la Calabria e garantire un tessuto economico e istituzionale adatto a risolvere i problemi ormai, essi si strutturali e endemiche, non mi trova del tutto, soddisfatto.

Io credo che prima di attuare un percorso referendario che unifichi i territorio dei comuni piccoli, si dovrebbe aver percorso strade che realizzano l’unificazione nelle cose e nella quotidianità di tutti i giorni. Io credo che noi da sindacalisti, dovremmo proporre l’unificazione e la gestione comune dei servizi. Spazzatura, acqua, raccolta dell’imposizione fiscale locale. Tutto quello che può essere gestito in comune, attuare protocolli d’intese e percorsi amministrativi che riducano la notevole difficolta date dalle piccole dimensioni. Nonché naturalmente la contrattazione d’anticipo e territoriale. Quante cose si potrebbero fare, se i Comuni ad esempio gestissero insieme il servizio integrato sull’assistenza sociale domiciliare. Quante cose potrebbero fare in ragione della loro capacità, di rendersi autonomi per l’acqua, l’energia, i trasporti locali, le mense l’educazione scolastica. Eppure non c’è bisogno di unificare i Comune per fare tutto questo. I Sindaci dei piccoli Comuni non lo fanno, anche se vedono sempre di buon occhio nei loro interventi pubblici l’unificazione. Non attuano nessun percorso amministrativo, ne sociale ne culturale con i comuni limitrofi. Ognuno si fa il suo e cerca di farlo bene. A volte gli riesce e a volte no.

A Mimmo Lucano per esempio gli è riuscito. Mi chiedo se i Comuni piccoli, prendessero spunto da quella esperienza, se tutti i sindaci importassero nei loro comuni quella realtà venutasi a creare con l’amministrazione di Mimmo Lucano, oggi cancellata dal Sindaco abusivo, credo che la necessità burocratica di unire i Comuni sarebbe superata dalla forza e dalla solidarietà della gente. E paradossalmente, dove esiste un comune piccolo esiste la possibilità di farlo diventare grande, non nella sua estensione o per il numero della popolazione, grande in tutto quello che il Pil da solo non contabilizza.

Mi piacerebbe, partire più dagli statuti comunali per rafforzare diritti e tutele, doveri e identità. Sarebbe l’ungo da scrivere, se avrò l’occasione gli e ne parlerò di persone al Segretario. Rafforzare gli statuti comunali, dentro la cornice della nostra costituzione. Non vorrei richiamare quelli medievali, ma contestualizzarli in una società oggi moderna, come paradossalmente lo era il medioevo. Passando dalla  Città del Sole di Tommaso Campanella alla “Comune di Parigi”. Per alcuni aspetti non mi dispiace nemmeno riprendere l’esperienza di Fiume e Condirli tutti con il Contratto Sociale di Rousseau. Ma aldilà dei richiami letterali e storici, lo Statuto dovrebbe essere una bussola che non solo guida la comunità, ma la esorta a migliorarsi dentro principi di solidarietà e giustizia sociale. Una carta costituzionale del luogo, da condividere non solo per la quotidianità ma per il futuro della stessa comunità. Tramandare qualcosa per la quale è valsa la pena viverla, non come entità giuridica, ma come terra e casa da proteggere valorizzare e conservare.