Se sono rose fioriranno. La botanica della CGIL Area Vasta Centro dopo la Conferenza d’Organizzazione.

..per determinare quali sono i fiori che oggi servono”.

Vorrei partire da questa frase pronunciata da Landini nella sua relazione conclusiva alla Conferenza d’Organizzazione e percorrere alcune mie riflessioni che mi hanno fatto pensare, quanta distanza c’è tra le parole di Landini e la botanica florovivaistica dei fiori che sbocciano nella CGIL Area Vasta Centro. Mi limito a rilevare le mie impressioni, partendo dalle proposte delle schede. Anche se penso che alla fine per come sono state elaborate, così, saranno state votate.

Una cosa è stata inserita alla fine e riguarda la posizione che il sindacato deve tenere quando pur non condividendo gli accordi, gli stessi vengono votati dalla maggioranza dei lavoratori interessati. Una piccola cosa che appare quasi naturale. L’assunto sarebbe questo: se i lavoratori a maggioranza decidono di firmare un accordo che a parere del sindacato li penalizza, una volta passato, lo stesso sindacato deve modificare le sue posizione e difendere l’accordo votato dai lavoratori anche se non lo condivide. Sembra logico, come potresti andare contro stessi lavoratori che lo hanno votato? Eppure tanto logico non è. Tutto dipende dal contesto, e tutto di pende dalle condizioni dei lavoratori. A mio avviso delimitare e restringere la lotta dentro gli esiti di un voto, non è tanto logico. E non risponde all’autonomia che devono avere gli RSU.

Non credo che ci possono essere delle critiche alle schede votate, perché per la loro generalità esprimono un percorso organizzativo: condivisibile. Forse qualche aspetto nel dettaglio potrebbe essere migliorato o meglio regolamentato, ma questo non dipende dal contenuto del testo, ma da come il percorso organizzativo si è deciso di svolgere e come si deciderà di attuare quello che la conferenza d’organizzazone ha deliberato successivamente. La forma a volte è sostanza, se manca, alla fine la sostanza diventa svuotata di contenuti. Da fuori sembra piena, ma d’entro è vuota. (*)

Landini ha parlato di integrazione dei servizi, e ha preso ad esempio l’esperienza di una compagna che lavora al CAAFCGIL. Io invece voglio parlarvi di un’altra esperienza, sempre di una compagna che lavora al CAAFCGIL nel mio territorio, ma diversamente da quella ricordata da Landini, la domanda che gli pongono a cui lei non sa dare una risposta è: perché gli iscritti ad alcune categoria coprano l’intero costo del servizio e altre categorie non lo fanno?

Lo stesso segretario generale confederale, in una assemblea della FIOM Area Vasta Centro, ha sostenuto che questa anomalia dipende dalle risorse delle categoria e l’autonomia delle stesse categorie non si può restringere. Penso che sia esaustivo per capire oggi l’integrazione che c’è tra servizi e categorie sindacali e confederazione. Almeno nel mio territorio. Forse, come fare l’integrazione non deve essere iscritto in nessun documento per come ricordava Landini, ma almeno un protocollo che chiarisca bene la differenza sostanziale tra il dire e il fare integrazione, secondo me è necessario. Costruire una tariffazione che abbia un parametro valido per tutti gli iscritti – l’Issee potrebbe essere usato anche per determinare la tariffazione degli iscritti e dei non iscritti -, se è vero che siamo un sindacato generale, anche i nostri servizi devono rivolgersi a tutti in maniera non univoca. L’aspetto sociale deve prevalere fino ad arrivare a coprire interamente i costi dei servizi di tutti quelli che si trovano in condizioni meno fortunate. La progressività dovrebbe essere il principio da seguire; non il favoritismo tra categorie povere e quelle ricche. Tra lavoratori poveri e quelli ricchi.

Il patronato nelle nostre Camere del Lavoro, ha una funzione fondamentale. Le Camere del Lavoro nei nostri comuni sono fondamentali. Non ho dati per poter affermarlo con certezza scientifica, ma posso solo riportare la mia esperienza. Quasi tutti i lavoratori che io personalmente ho iscritto al sindacato, sono passati dalle Camere del Lavoro. I compagni dell’inca o del caaf erano i primi contatti che tanti lavoratori nel nostro territorio hanno; poi viene la categoria sindacale d’appartenenza. Prendersi in carico il lavoratori, non voleva solo dire iscriverlo al sindacato, ma metterlo nelle condizioni di usare tutti gli eventuali servizi che dentro la Camera del Lavoro poteva trovare. Ma non limitando l’attenzione solo all’aspetto burocratico dell’eventuale pratica, ma una volta istaurato il contatto umano, io stesso diventavo una camera del lavoro itinerante. Riconosciuto come sindacalista ero un punto servizi, uno sportello caaf, un padronato, o a volte anche un assistente sociale. L’integrazione non era iscritta da qualche parte, ma una pratica quotidiana di lavoro che per poter essere svolta è necessaria una complicità sociale politica e ideale con tutti quelli che dentro il sindacato svolgono il loro lavoro nelle diverse diramazioni. Non sempre è dato per scontato questo rapporto. Forse non sarà scritta nel DNA delle persone, ma nella storia del Sindacato è indelebile. Senza le nostre storie territoriali, diventeremmo una sorta di ufficio disbrigo pratiche. Proprio nella pratica, e non nelle “pratiche”, ho provato a declinare cosa per me è integrazione. Non ho seguito un protocollo ne un regolamento scritto da qualche parte. Ho solo provato, con l’aiuto dei compagni dei servizi a riprendere una pratica sociale che quelli prima di me usavano largamente. Io non ho fatto altro che contestualizzarla nel mio tempo, e renderla fruibile. Non sono stato naturalmente il solo, ma dentro l’Area Vasta Centro, ormai tutto è lasciato alla buona volontà di chi della storia del sindacato ne trae una lezione. Oggi l’integrazione con i servizi si traduce, come un passa carte dentro una rete sindacale prevalentemente burocratica dove la responsabilità a volte è uno scarica barile. Atteggiamento che può essere riscontrato anche in riferimento alle condizioni salariali dei compagni che lavorano in tutta la rete dei servizi CGIL.

Il ruolo di coordinamento e di programmazione politica della confederazione è totalmente assente. Un vivere gli eventi, sia in ragione delle vertenzialità che della programmazione territoriale. Per non parlare della solidarietà e del rapporto con le altre categorie. Anche di questo Landini ha parlato nel suo intervento, soltanto che a differenza della sua idea di solidarietà, al di qua del Pollino nella CGIL Area Vasta Centro, l’unica cosa che riesce a programmare è la precarietà e lo scarto.

Se non ci si sente coinvolti in profondità, fin nel profondo di noi stessi, se ciò che sta accadendo è percepito come un fatto esteriore ed estraneo, che scorre accanto al nostro vissuto, senza intaccarlo, se non si passa seriamente dall’io, da ciò che accade a me, al noi, a ciò che ci riguarda direttamente tutti e tutte insieme, l’appello alla responsabilità e in specie l’impegno alla solidarietà risultano del tutto superflui e vani.” -Dionisio Tettamanzi

Insieme alle parole di Don Milani : “Non c’è ingiustizia più grande che fare parti uguali tra disuguali”, pronunciate da Landini nel suo intervento conclusivo; dovrebbero bastare per segnare la giusta direzione all’agire politico di chi ha la responsabilità di dirigere l’organizzazione. Non si può predicare bene e razzolare male. Non si può essere allo stesso tempo carne e pesce. Le parole sono importanti, proprio per non confondere il diavolo con l’acqua santa, il sindacato confederale e di strada, con le cordate di potere e di sedia. Come ricorda una vecchia canzone di Giorgio Gaber

A me non resta che sperare, che il lavoro prodotto dalla conferenza d’organizzazione, ricada nei territori, passi il Pollino e arrivi nella CGIL Area Vasta Centro. Che ridia all’aggregazione nata da poco, il suo compito iniziale. Anche se l’unificazione della CGIL delle province di Catanzaro Crotone e Vibo Valentia doveva rientrare in un quadro regionale, dove anche altri territorio unendosi avrebbero ridisegnato l’intera geografia della CGIL in Calabria. Il progetto parzialmente realizzato, se rimane circoscritto solo al nostro territorio resta monco. Se l’Area Vasta Centro non riprende una sua centralità politica, e non cambia nel suo modo di declinare la sua identità territoriale; si correrà il rischio di averla costituita solo per fini elettorali. (*)

Il lavoro sulla contrattazione di sito, che interessa diverse realtà sul nostro territorio. Gli appalti e la contrattazione d’anticipo. Clausole sociali, la sicurezza sul lavoro la contrattazione sociale, sono gli ambiti i quali possiamo giudicare la validità e l’efficacia del lavoro politico e sindacale della neonata CGIL Area Vasta Centro. Un’altro aspetto che non può essere sottovalutato, è la contrattazione di secondo livello, quasi assente nella nostro agire sindacale. Oltre alle tante difficoltà che si possono riscontrare nella contrattazione di secondo livello, la mancanza di pratica sindacale si lega alla formazione, anch’essa relegata ai margini degli obbiettivi da perseguire. Se in questi ambiti esiste uno strumento in più rispetto a quelli che i lavoratori e le persone avevano prima dell’unificazione territoriale della CGIL, allora vuol dire che l’unificazione ha avuto il suo senso. Se è rimasta solo una diminuzione dei codici fiscali o delle istanze congressuali, allora vuol dire che qualcosa fino ad oggi non ha funzionato. E forse proprio dalla conferenza d’organizzazione potremmo partire per – come piace dire al segretario generale CGIL Calabria- cambiare passo. Io me ne augurerei 100 di passi, mi accontenterei se ne facessimo almeno un paio.