Sfruttamento dei lavoratori nei supermercati calabresi: il fallimento del sindacato come presidio di tutela

Maurizio Landini va a Lamezia, e nella provincia scoppia il bubbone dello sfruttamento. Sembra che non sia cambiato niente, e ormai Landini deve accontentarsi di lavoratori sfruttati e scartati. Proprio di questi tempi, anni fa, dovrebbe ricordare i lavoratori della Carrefour di Crotone, che lui stesso ha incontrato al presidio. Il caso vuole che, mentre si eleggeva il nuovo segretario generale della CGIL Calabria a Lamezia, nello stesso momento, la Guardia di Finanza arrestava uno dei padroni, uno dei tanti, che nel silenzio e nel nascondimento totale sfruttava i lavoratori.

L’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza sul Gruppo Paoletti, una catena di supermercati nella zona jonica della provincia di Catanzaro, ha scoperchiato un sistema di sfruttamento e intimidazione che colpisce profondamente il nostro territorio. I dipendenti erano costretti a restituire parte del salario in contanti, a lavorare in condizioni precarie e, a peggiorare il quadro, erano soggetti a un controllo esasperante e invasivo, con microspie posizionate nei punti vendita per monitorare ogni loro mossa.

Ma questo scandalo, che occupa le cronache locali, mette in luce un altro aspetto drammatico: il ruolo di un sindacato che sembra intervenire solo “a bubbone scoppiato,” ovvero a fatti ormai noti alle forze dell’ordine. Se il sindacato, che dovrebbe essere il primo presidio di legalità e giustizia sul territorio, arriva in ritardo, limitandosi a esprimere indignazione con i consueti comunicati stampa, c’è da chiedersi se stia davvero svolgendo la propria missione di tutela dei lavoratori. Questo fallimento è sintomo di un sistema in cui, troppo spesso, il sindacato non riesce a penetrare nelle realtà più problematiche, e i lavoratori, invece di rivolgersi al sindacato stesso, finiscono per chiedere aiuto ad avvocati o direttamente alle forze dell’ordine.

Il nuovo segretario generale della CGIL Calabria, Gianfranco Trotta, ha una sfida urgente da affrontare: non tanto “aggiustare la Calabria,” quanto ripensare e rinnovare il sindacato stesso. La sindacalizzazione dei lavoratori è una condizione necessaria non solo per denunciare lo sfruttamento, ma per prevenirlo. Tuttavia, questa cultura della tutela e della protezione sembra sempre più lontana dalla realtà quotidiana di molti lavoratori, soprattutto in territori come il nostro, dove la presenza del sindacato in certe realtà aziendali è difficile, quando non impossibile.

È fondamentale che il sindacato diventi un vero e proprio presidio di legalità, capace di smascherare le condizioni di sfruttamento fin dalle prime avvisaglie, invece di reagire passivamente solo quando interviene la giustizia. Questo significa aprire le porte delle camere del lavoro per accogliere chi subisce angherie e sfruttamento e offrire a questi lavoratori un punto di riferimento costante. La lotta al lavoro nero e alle condizioni degradanti richiede un sindacato che sia attivo, presente e capace di intercettare le problematiche prima ancora che diventino casi giudiziari.

Se il sindacato vuole tornare a rappresentare un baluardo di giustizia e tutela per i lavoratori, deve reinventarsi. Non possiamo più accettare una struttura che si limita all’indignazione rituale sui giornali e che si accorge dei problemi solo quando intervengono le autorità. La missione sindacale deve tornare a essere quella di un’azione quotidiana, reale e tangibile sul territorio: una difesa preventiva, e non solo una denuncia postuma delle ingiustizie.