Ti farò a mia immagine e somiglianza.

Era inscritto nelle parole
mentre il fiato né dava sfogo
meglio andarsene che restare
era i culmine del suo parlare.
Doveva essere incoronato imperatore
forse Re o forse segretario Generale.
Fu già Camerlengo del conclave
già Presidente già commissario già liquidatore.
Triunvirato unigenito dell’aria vasta
pontificato breve di una torta senza la crosta.
Si confonde nel popolo proletario
dentro la sua narrativa di plastilina
i giocattoli né fanno da corollario
mentre si tuffa dentro la sua apolide piscina.
Doveva andare per investitura d’incarico
in ogni caso trovare collocazione
sedersi alle ambite poltrone
al di là del ponte è andato in panico.
Uno con il suo Io e gli altri con il solo cazzo,
trattati come spazzatura da ramazzo
respirano vita pure se buttati in fondo al pozzo
rimangono destini che pagano il loro prezzo.
La storia di un Io, non lascia storia
se usa quella degli altri senza memoria.
Non lascia eredi, nessun figlio putativo
la genealogia con lui si conclude;
né c’è stato un prima né un dopo,
c’è stato solo lui con il suo scopo.
Chi ha saputo gonfiare il salvagente
a chi gliel’hanno bucato
a chi c’hanno gonfiato dentro l’elio
chi lo ha usato per il solo frangente.
Per chi ha potuto rubargli del sapere
un lascito ha lasciato senza volerlo
in purgatorio lo ha introdotto per tacerlo
il giusto posto per non doverlo più pensare.