Appunti di una vicinanza
Ieri c'era una luna in cielo spettacolare. C’era tutto quello che serve per i desideri. Le stelle cadenti e la luna vicino alla terra il più possibile. Sono rimasto con il naso all’insù per tutto il tempo. Come è bella la luna, e come sono belli i pensieri che con la sua luce alita addosso alla mia faccia messa apposta la, per lei. E’ bella la luna, non c’è che dire e se qualcosa da dire c’è soltanto la bellezza del creato ne può pronunciare il senso. Dicono che vicina così alla terra non ci sarà per un po.
Le palle girano nella reale condizione umana e anche nel cosmo si divertono roteando in un interminabile andirivieni. Se sei da solo sotto una luna del genere, non puoi non vagheggiare con l’immaginazione.
Se le mie informazioni sono giuste, con gli Apollo la NASA non ha impiantato illuminazione pubblica sulla superficie lunare. Da quello che so hanno solo girato un film, poi distribuito sulla terra.
Se fossimo noi a riflettere la luce sulla luna? Forse è l’unica volta che potremmo accendere tutte le luci possibili, per vedere un simile spettacolo.
Un pensiero immaginato mi è venuto ha trovare. E se invece della luna, ci fosse un buco?
Se il cielo fosse una cappa alla the truman show e dietro dal buco la luce venisse fuori disegnando quel tondo?
La luce della luna è bianca e non fa male come quella del sole. Puoi stare con gli occhi attaccati. Dopo un po, i puntini luminose delle stelle spariscono. Sparse qua e la non danno fastidio, troppo piccole rispetto al buco. Lo stesso buco dove dovrebbe trovarsi la luna, predominava su tutto. Persino su quei puntini di stelle, che staccandosi dal cielo, strisciavano per poco, ma anch'essi venivano inglobati e rigurgitati da quella luce. Sembravano primordiali piccoli buchi che invece di allargarsi nel cielo, venivano chiusi definitivamente dal cielo stesso. Tutto attorno nero, e in mezzo un buco. Mi sono detto? Se c’è qualcosa dall’altra parte la voglio vedere?
Nell’immaginazione e nella fantasia tutto puoi.
Mi sono aggrappato sul cielo liscio come uno specchio, ma non scivolavo. Salivo e mi tenevo con le mani stese a qualcosa che soltanto la mia immaginazione sapeva di toccare. Lo sentivo, ma gli occhi non li vedevano. Salivo, e arrivato con le mani sul bordo del buco, mi sono dato una spinta e sono arrivato con la faccia dentro il bianco di quello che dalla terra si vedeva tondo. Ho spiato quanto possibile, poi sono scivolato dritto vicino alla macchina. Ci sono salito sopra ho acceso il motore e prima di andarmene definitivamente da quel posto, mi sono rammaricato di non aver potuto fare una fotografia. In un mondo dove ormai e identitario fare foto, io mi sono dimenticato il cellulare in macchina.