La Coda del mio Ciclo

Devo dire che la coda di questo mio ciclo è stata similare ad un tempo già vissuto di qualche ciclo ormai dimenticato. È sbagliato dire dimenticato o scordato o cancellato. Ne maturato ne metabolizzato. I cicli passati sono un vissuto già provato, ogni attimo ogni momento, di grazia e patimento sono stati necessari per il pianto. Ogni sorriso ogni piacere sono stati di grazia e di dolore, hanno saputo intercettare il senso di una vita e del suo stare. Tutto è normale se vuoi vivere e non vegetare. Tutto ti sembra un ciliegio in fiore. Un amore poi diventa speciale o di specie catalogato nel ciclo che si è fermato rigenera il suo tempo, che è già finito. Non conta, è un ciclo senza potere un ciclo che nella sua fine ha già l’inizio. Non è ubriaco e sa dove andare a nel cielo una luna un sole e un solstizio. Un navigatore come equinozio e una cartina di riserva se si perde nella materia astrale. Io so solo di non poterlo governare è un ciclo da lasciar stare in un tempo artificiale. Il cuore e i cicli, sono della stessa materia. Battono incessanti dentro una brachicardia che non ha senso. Ne saperla sensata ne potrebbe darne una. Nel ciclo non c’è ragione. Il ciclo non ne ha. E pur si dice che il tempo la darò. Solo un trucco in un imbroglio un giocare a nascondiglio. Un dire si di piglio, ma in un ciclo irragionevole che pur se scritto non ha le ore per vestirsi d’altro ciclo e oltrepassare. Un ciclo di maledizioni e di stupore. Un ciclo di sbagli e di rancori. Di fiori e di parole che si sono macinate ridotte a pezzettini come ghiaia per gli sportivi selciati o per le lettiere dei gatti neri umanizzati. E un ciclo di vita che con la sua coda, balla un canto un suono un minuscolo perdono. Un lamento di un bambino un competere divino. Non sono stato indifferente, nella coda del mio ciclo sono stato perdente. Per fortuna non è mestruale ne ad intermittenza femminile. L’altro mi dovrebbe venire, quando dei miei anta non si potranno dire.

Epitaffio

EPITAFFIO