I lavori del Cazzo
28-lun-2013
Richiesta documentazione
28-lun-2013
I Cughjuniatti
28-lun-2013
Notte D'ansia
28-lun-2013
"Pe mia cuamu vua. Prete". Rappresentante con la faccia del terzo polo..
LA CHIESA SI RINNOVA GABER
Tutti ormai sappiammo le novità clericali della nostra parrocchia. Il prete si vuole dimettere. Tutti lo sapete, perché com'è il suo solito, le novità le dice nelle ricorrenze religiose più seguite. Nella ricorrenza del nostro patrono, la novità era l’altare. In quella di San Rocco, le sue dimissioni. Per tutte due le volte la chiesa è diventata uno sfogatoio. Le stesse dimissioni sono state condite da una raccolta di firme; presentate al prete per ritirarle. Senza sortire nessun effetto, invece di suscitare una rinuncia, ha rafforzato la convinzione di dimettersi.
Tirando la lettera dal Cilindro; la stessa lettera che nei giorni a dietro era stata consegnata al Vescovo, durante la consacrazione della chiesa in montagna, la legge ai tutti i compaesani convenuti.
“a mia mi sempra tuttu nu giocattulu”.
il prete si dimette. e io ho una marea di capelli in testa. le dimissioni di un prete sono parole inutili e senza senso.
Mi spiego meglio. Un prete non diventa prete davanti al vescovo. Se dovessimo burocratizzare il rapporto; il suo padrone è Cristo. Non esiste un contratto collettivo di lavoro per i preti. Lo stipendio non è concepito come tale. Di fatti si chiama sostentamento. Persino la sua consistenza è regolata da una sorta di territorialità. Più o meno come vuole bossi. Infatti, quanto più fedeli si sono in una parrocchia, tanti i punti raccolti. E tanto la somma di sostentamento. Soltanto la loro pensione e calcolata come se fossero lavoratori dipendenti. E l’incarico assegnato dal vescovo, una volta dato è per sempre. Intendo per incarico, la missione che ogni prete ha scelto di seguire.
Solo l’età e in molti casi nemmeno quella, i preti debbono lasciare l’incarico perché, non gli vanno a genio gli uomini da evangelizzare. Non era…. “vi mando tra i lupi”.
Naturalmente non sono nessuno per poter criticare in maniera più organica. Non mi interesso della chiesa e della religione, per la sua burocratica idea che ha, e che esprime. Leggo di religioni. Mi affascinano personalità come don Milani, Gesù Cristo, Sant’Agostino, Francesco d’assisi. Ci sono anche quelli che non mi danno niente. Come Padre Pio, San Rocco, ad esempio.
Persino il corano, ha dentro parole che arrivano nel mio essere uomo, in questo paese di terremotati della religione. Se ci fosse stato un prete come don Milani, sicuramente io avrei avuto modo di imparare a scrivere bene, come vuole l’assessore alla cultura e il paese non diverrebbe na sorta di lotteria clericale ogni volta. Lo avevano mandato a Barbiana per punizione. Chi sa come la penserebbe lui sulle dimissioni.
Qualcuno lo deve avvertire. Che se si dimette, senza giusta causa, la disoccupazione non la prende. “enutila ca scinda alla camera del lavoro. ‘nenta”. Persino il lavoro, non si lascia se non c’è una giusta causa.
Un prete non può pensare di rapportarsi come un mezzo nelle mani degli uomini. Affogando il suo poco controllo, nelle facce di chi gli viene a tiro. Persino nei funerali si accende nel petto del prete qualcosa da innovare. Intorno a quelli che nei petti hanno solo dolore. Si concertano, con le lacrime agli occhi delle persone, percorsi funebri. E da noia alle regole imposte, se per l’ultimo viaggio in terra dei miei compaesani, si fa come si e sempre fatto nel nostro paese.
Quando il Vescovo leggerà la lettera e troverà l’uso della parola dimissioni: “si aza l’abbitu e u pighja a caci”. E considerato che le scelte della chiesa in terra ha i suoi diretti responsabili; tutto dovrebbe essere deciso in nome di Cristo. Se per un attimo potremmo immaginare la scena, se dovessimo rappresentarla per renderla reale ai nostri occhi. Io penso che le dimissioni, a Gesù, più o meno gli e la consegnati cosi.
La scena si svolge sul Calvario. Gesù nel paradiso, stava partecipando alla rappresentazione della sua morte. Si. Nel paradiso, funziona proprio come sulla terra. Solo che non ci sono dolori né malanni e nemmeno uno che si chiama Berlusconi. Anche, se cominciano ad arrivare persone che lo sostengono pure qua. Infatti la memoria comincia ad essere manomessa. E per non disturbare sempre il PadreTerno si organizzano recite, con i personaggi reali.
Quando don Sandro, lo andò a trovare, Gesù stava facendo la sua parte. E come san paolo, gli parlò nella stessa lingua del posto. “Insomma si ghjcia capiscira”.
Don Sandro: Sia santificato il tuo nome.
Gesù: a tu si, ma i capidi o ti taghj schiù. Ammu ci pianzu io vaa…. Dimmi, chi ti manca.
Don Sandro:Gesù, sono venuto a rassegnare le mie dimissioni. Te li metto qua ai piedi della croce.
Gesù: “chi bua!!! Chi mi dassi? Sentivi buanu, i dimissioni…?
Don Sandro: Te li ho appoggiati ai piedi della croce, forse vuoi che li sposti. Cola il sangue. Magari si rovinano.
Gesù: “o ti sputu, ca restai senza saliva. Ma chi pianzi ca ghjiocamu. Si ghjarria io da patramma e di didirria ca mi dimettu, u staiu ncrucia. I caci parrarianu cu a mamma. O bellu…... Io ti ho visto. T’ho seguito in questi due mesi, al paesotto assegnato. Aiu..!!! In due mesi, hai mosso più casini tu, che un certo consigliere di minoranza, che fortunatamente non c’è più. Avia u Viscuvu tutti i ghjuarni ala porta. Non da fhacimu chiù. Sti comunisti!!!!!!!!
E vuoi cambiare l’altare, vuoi dimetterti.
Si sono raccolti firme per farti restare. Ma vedi che il sindaco loro, l’hanno. Tu non devi essere eletto. Possono essere anche tutti d’accordo. Tranne sicuramente il comunista di turno. “Ma ca, cumandu io. aiu”. E dopo nculo ala maggioranza. Ti sei scordato che davanti a barabba, la maggioranza ha voluto lui. Come Berlusconi in Italia. E poi sta novità della via crucis cinematografica. Ma vedi che io non sono solo sangue e dolore. E pua stu Mel Gibson. “Esaggerau”. Si me ne hanno date che ci scampi e ci liberi. Ma tante, che nessun uomo potrebbe, sopportare. Oh.!! naturalmente io sono io.
Hai fatto scegliere i cantanti della festa per il mio compagno Giovanni Battista, dalla lotteria del caso. dove cadeva........ Menomare che mi hanno detto che la festa è andata bene. Ma se andava male, la colpa di chi era? non tua. da carricavi a giovanni battista. E pua cu senta. Si mette a gridare stu paradisu paradisu.
Don Sandro: ma Gesù.
Gesù: “Ammuta. Ancora o finivi”. Ricordati qui comando io. Do io la parola e io la togo. Quetati e ascolta.
Per caso, non è che ti affascina Berlusconi? Mi sa di si. Quasi quasi, per un po’ di tempo, ti libero il comunistaccio. Per le tue dimissioni, come li chiami tu, ne parleremo con il vescovo e poi si vedrà. Approposito, vedi che il comunistaccio. Gli piace la statua di francesco. Prima cera, e mo non c’e piu. Ogni tanto quando entrava dentro la chiesa, arrivava, gli toccava il coccolino e se ne andava. Per cortesia vedi di mettere al posto la statua. Quello e capace di prendertela dove la tiene, e cementarla davanti la Chiesa. “mo vavattinda cammu ghjnimu a recita. Stammi buanu”.
Don Sandro. Sia lodato Gesù cristo.
LA CHIESA SI RINNOVA GABER
Tutti ormai sappiammo le novità clericali della nostra parrocchia. Il prete si vuole dimettere. Tutti lo sapete, perché com'è il suo solito, le novità le dice nelle ricorrenze religiose più seguite. Nella ricorrenza del nostro patrono, la novità era l’altare. In quella di San Rocco, le sue dimissioni. Per tutte due le volte la chiesa è diventata uno sfogatoio. Le stesse dimissioni sono state condite da una raccolta di firme; presentate al prete per ritirarle. Senza sortire nessun effetto, invece di suscitare una rinuncia, ha rafforzato la convinzione di dimettersi.
Tirando la lettera dal Cilindro; la stessa lettera che nei giorni a dietro era stata consegnata al Vescovo, durante la consacrazione della chiesa in montagna, la legge ai tutti i compaesani convenuti.
“a mia mi sempra tuttu nu giocattulu”.
il prete si dimette. e io ho una marea di capelli in testa. le dimissioni di un prete sono parole inutili e senza senso.
Mi spiego meglio. Un prete non diventa prete davanti al vescovo. Se dovessimo burocratizzare il rapporto; il suo padrone è Cristo. Non esiste un contratto collettivo di lavoro per i preti. Lo stipendio non è concepito come tale. Di fatti si chiama sostentamento. Persino la sua consistenza è regolata da una sorta di territorialità. Più o meno come vuole bossi. Infatti, quanto più fedeli si sono in una parrocchia, tanti i punti raccolti. E tanto la somma di sostentamento. Soltanto la loro pensione e calcolata come se fossero lavoratori dipendenti. E l’incarico assegnato dal vescovo, una volta dato è per sempre. Intendo per incarico, la missione che ogni prete ha scelto di seguire.
Solo l’età e in molti casi nemmeno quella, i preti debbono lasciare l’incarico perché, non gli vanno a genio gli uomini da evangelizzare. Non era…. “vi mando tra i lupi”.
Naturalmente non sono nessuno per poter criticare in maniera più organica. Non mi interesso della chiesa e della religione, per la sua burocratica idea che ha, e che esprime. Leggo di religioni. Mi affascinano personalità come don Milani, Gesù Cristo, Sant’Agostino, Francesco d’assisi. Ci sono anche quelli che non mi danno niente. Come Padre Pio, San Rocco, ad esempio.
Persino il corano, ha dentro parole che arrivano nel mio essere uomo, in questo paese di terremotati della religione. Se ci fosse stato un prete come don Milani, sicuramente io avrei avuto modo di imparare a scrivere bene, come vuole l’assessore alla cultura e il paese non diverrebbe na sorta di lotteria clericale ogni volta. Lo avevano mandato a Barbiana per punizione. Chi sa come la penserebbe lui sulle dimissioni.
Qualcuno lo deve avvertire. Che se si dimette, senza giusta causa, la disoccupazione non la prende. “enutila ca scinda alla camera del lavoro. ‘nenta”. Persino il lavoro, non si lascia se non c’è una giusta causa.
Un prete non può pensare di rapportarsi come un mezzo nelle mani degli uomini. Affogando il suo poco controllo, nelle facce di chi gli viene a tiro. Persino nei funerali si accende nel petto del prete qualcosa da innovare. Intorno a quelli che nei petti hanno solo dolore. Si concertano, con le lacrime agli occhi delle persone, percorsi funebri. E da noia alle regole imposte, se per l’ultimo viaggio in terra dei miei compaesani, si fa come si e sempre fatto nel nostro paese.
Quando il Vescovo leggerà la lettera e troverà l’uso della parola dimissioni: “si aza l’abbitu e u pighja a caci”. E considerato che le scelte della chiesa in terra ha i suoi diretti responsabili; tutto dovrebbe essere deciso in nome di Cristo. Se per un attimo potremmo immaginare la scena, se dovessimo rappresentarla per renderla reale ai nostri occhi. Io penso che le dimissioni, a Gesù, più o meno gli e la consegnati cosi.
La scena si svolge sul Calvario. Gesù nel paradiso, stava partecipando alla rappresentazione della sua morte. Si. Nel paradiso, funziona proprio come sulla terra. Solo che non ci sono dolori né malanni e nemmeno uno che si chiama Berlusconi. Anche, se cominciano ad arrivare persone che lo sostengono pure qua. Infatti la memoria comincia ad essere manomessa. E per non disturbare sempre il PadreTerno si organizzano recite, con i personaggi reali.
Quando don Sandro, lo andò a trovare, Gesù stava facendo la sua parte. E come san paolo, gli parlò nella stessa lingua del posto. “Insomma si ghjcia capiscira”.
Don Sandro: Sia santificato il tuo nome.
Gesù: a tu si, ma i capidi o ti taghj schiù. Ammu ci pianzu io vaa…. Dimmi, chi ti manca.
Don Sandro:Gesù, sono venuto a rassegnare le mie dimissioni. Te li metto qua ai piedi della croce.
Gesù: “chi bua!!! Chi mi dassi? Sentivi buanu, i dimissioni…?
Don Sandro: Te li ho appoggiati ai piedi della croce, forse vuoi che li sposti. Cola il sangue. Magari si rovinano.
Gesù: “o ti sputu, ca restai senza saliva. Ma chi pianzi ca ghjiocamu. Si ghjarria io da patramma e di didirria ca mi dimettu, u staiu ncrucia. I caci parrarianu cu a mamma. O bellu…... Io ti ho visto. T’ho seguito in questi due mesi, al paesotto assegnato. Aiu..!!! In due mesi, hai mosso più casini tu, che un certo consigliere di minoranza, che fortunatamente non c’è più. Avia u Viscuvu tutti i ghjuarni ala porta. Non da fhacimu chiù. Sti comunisti!!!!!!!!
E vuoi cambiare l’altare, vuoi dimetterti.
Si sono raccolti firme per farti restare. Ma vedi che il sindaco loro, l’hanno. Tu non devi essere eletto. Possono essere anche tutti d’accordo. Tranne sicuramente il comunista di turno. “Ma ca, cumandu io. aiu”. E dopo nculo ala maggioranza. Ti sei scordato che davanti a barabba, la maggioranza ha voluto lui. Come Berlusconi in Italia. E poi sta novità della via crucis cinematografica. Ma vedi che io non sono solo sangue e dolore. E pua stu Mel Gibson. “Esaggerau”. Si me ne hanno date che ci scampi e ci liberi. Ma tante, che nessun uomo potrebbe, sopportare. Oh.!! naturalmente io sono io.
Hai fatto scegliere i cantanti della festa per il mio compagno Giovanni Battista, dalla lotteria del caso. dove cadeva........ Menomare che mi hanno detto che la festa è andata bene. Ma se andava male, la colpa di chi era? non tua. da carricavi a giovanni battista. E pua cu senta. Si mette a gridare stu paradisu paradisu.
Don Sandro: ma Gesù.
Gesù: “Ammuta. Ancora o finivi”. Ricordati qui comando io. Do io la parola e io la togo. Quetati e ascolta.
Per caso, non è che ti affascina Berlusconi? Mi sa di si. Quasi quasi, per un po’ di tempo, ti libero il comunistaccio. Per le tue dimissioni, come li chiami tu, ne parleremo con il vescovo e poi si vedrà. Approposito, vedi che il comunistaccio. Gli piace la statua di francesco. Prima cera, e mo non c’e piu. Ogni tanto quando entrava dentro la chiesa, arrivava, gli toccava il coccolino e se ne andava. Per cortesia vedi di mettere al posto la statua. Quello e capace di prendertela dove la tiene, e cementarla davanti la Chiesa. “mo vavattinda cammu ghjnimu a recita. Stammi buanu”.
Don Sandro. Sia lodato Gesù cristo.
Cenadi: un Paese dove si festeggia un vero Natale
28-lun-2013
Le campane non suonano più di domenica a Cenadi. Nemmeno la messa si annuncia più. Erano tre i rintocchi per l’annunzio. A messa iniziata, le parole del vangelo; quando passavi dal portone li sentivi più rumorosi e più penetranti di mille campane messa a festa. Il vangelo, parole. Ma oggi c’è un silenzio che per me fa più rumore, delle campane e delle litigate per i preti di turno. Fa più rumore dei precetti conciliari, urlati e mai letti da vice vescovi e preti illetterati. I preti se ne vanno e cambiano, ma noi non cambiamo mai e ci restiamo. Ci dividiamo pro o contro un prete, ma della chiesa che resta chiusa, non gli e ne fotte a nessuno. &nNemmeno alla gerarchia clericale, che vuole la tonaca solo per inaugurare chiese di montagna inutili. Che partecipa alla sciagurata decisione di modificare un altare, e se ne fotte se la chiesa resta chiusa. Se prendessimo esempio dai mussulmani, la strada era più che sufficiente per pregare. Ma a Cenadi i cattolici praticanti, quelli che possono distruggere un tempio e ricostruirlo immediatamente dopo, si sono arresi. L’hanno solo distrutto, e adesso non riescono a tirarlo su. Magari sono pronti per una gita pellegrinaggio a san Giovanni rotondo, a vedere il frate venuto alla luce dopo un lifting rigenerante. Ma della chiesa del loro paese, se ne fottono clericalmente. Sta per arrivare Natale. In questo periodo, dove si deve essere obbligatoriamente felici e burocraticamente solidali, Cenadi passerà un vero Natale. Fatto di gente, che alla richiesta di un posto, per far riposare una mamma gravida, si risponde: “postu ondava, arrangiati”.
Feste imbalsamate
28-lun-2013
Di manifesti bianchi e neri, di piazze inventate, di fave e di vino, lieti e festosi gli umori si placano dentro la competizione che ormai festaiola diventa festa per far festa dei AcGGVC. Basta che sia un giorno Santo o rituale che lo stomaco si sgonfia alla mattina, e si gonfia alla sera. Si mangia e si divora si beve e si consuma, la noia nella testa, fattasi festa si ripete. Non lascia niente, ma genererà di sicuro altre feste. Sfida costante di feste per la gente. I posti cambieranno, e negli incroci si troverà altra gente, altro vino e altre facce. Il paese del niente fattosi festa in una competizione permanente. Che sia san martino di vino buono o di castagna o di maggio formaggio, non c’è speranza per la vittoria, le mani delle Mamme cucinano d’incanto. Di altro non rimane l’indomani, solo di corpo si festeggia la festa a da passare. Tiritera ormai scaduta, che vorrebbe trasformare l’impegno e il dovuto, in soddisfazione elettorale. Culla, primogenita di liste l’associazione diventa embrione per il salto. Abortito il primo scoppio, ci si può ritentare all’infinito, tanto lo stomaco elastico trattiene tutto. Di sicuro intervistati smentiranno l’assunto, ma normale rimane il fatto, che le facce non si smentiscono e non si scambiano, e restano le stesse a fare e disfare. Se fossero trasparenti e qualcosa diventare a testa alta, dovrebbero camminare. Se fosse di senso il loro affare di sociale festeggiare e il senso ritrovare. Ma da qualunquisti è meglio saper fare. E festeggiare è meglio del comunicare. Ormai incarnato diventa lo strumento per nascondere la tesi d’essere Ruggero Pegna il vero senso. Dall’altra parte rimane l’imbarazzo di trovare un amministrazione che di feste ne fa due. L’unico rimedio per non essere di meno, alle feste senza senso dei giovani già vecchi volontari del niente. Fattesi festa per noi e per la gente. Ma basta non andare lontano e ritrovare il sangue dato i sacca, mercificare. Nella sede fatta storta, rintronano il bilancio consuntivo, dell’annata rosso AVIS. Si spende per i gaget, massimali da paura. Mentre la solidarietà la trovi un po’ più in la. Piccolina e medagliata, solidarietà massacrata da parabrezza targati, dati in cambio ai donatori lusingati. Pizze dono per le vene, e benzina per creare rosso sangue e riempire le sacche da trattare. I soldi arrivano di sicuro e basta spenderli e giustificare con la solita burocrazia da manuale. Sangue per feste e cincillerie varie, ritrovi il senso pure qua, ma non ti scoraggiare. Di più in là non ti racconto, e non resta che mangiare e digerire il solito impegno e la gratitudine di sollazzare il divertimento dell’alimentare le budella riempire. Non stupitevi se non mordo, resto attento e poi non mollo della proloco so dirvi poco. Forse un giorno rinascerà, e una festa non farà. O per lo meno ci sollazzerà con più senso rotolerà il formaggio si mangerà. Se si muove io ve ne parlo ma per ora mi sto zitto, Rompi cazzo e poi lo so, che il senso troverò nel vino che berrò. |!”£$%&/()