La serenata di Dio.
La serenata di Dio.
01-ven-2016
Odio l’etica e la politica la dottrina paritetica
la critica analitica, la morale indigesta
dentro stomaci ribollenti di una festa.
Odio l’estetica la gnostica l’apocrifa e la canonica.
Gli atei e i miscredenti, lo fanno a posta.
Gli amici gli affini e i parenti che si fanno predica
senza avere una bandiera che sventola su nessuna asta.
Odio il mio Paese che è ipocrita come una faccia di plastica.
Si dondola eternamente su di un amaca
come un avatar senza nessuna Itaca.
Natale, Capodanno Epifania,
solo tre parole che il tempo porta via.
Pesa la notte come una piuma
schiaccia solo chi non è al riparo
dentro le famiglie che non sono mai un faro.
Mangiate lo zampone o il cotechino,
le lenticchie per i soldi, e bevete magari vino.
Il mio vomito è rosso come un pachino
quest’ultimo dell’ anno, le dita in gola mi metto
rigurgitare il destino dentro il mio petto
come un disturbo alimentare un difetto.
Cucio parole per imbrigliare il tempo
nel mio orto mentale zappo pure il mio campo.
Parlo solo alle anime o alle carni infelici.
Allargo a dismisura le mie narici
per sentire l’odore di un dolore, che provo a provare.
Ma il dolore è un giaciglio personale
se lo tocchi l’offendi fai ancora più male.
Una bolla che non ha aria come respirare colla
per manomettere i giorni che non sono più caldi ne freddi
non hanno peccati da scontare se sanno di Odifreddi.
Non ho forza sono una scaricata molla
arrivo appena sul tuo tetto come una palla
per darti in mano una specie di panno
per odiare l’anno più che il capodanno.
Per raccogliere il dolore con una sola passata
e dire a Dio; invece dei botti di cantarti in petto una serenata.
la critica analitica, la morale indigesta
dentro stomaci ribollenti di una festa.
Odio l’estetica la gnostica l’apocrifa e la canonica.
Gli atei e i miscredenti, lo fanno a posta.
Gli amici gli affini e i parenti che si fanno predica
senza avere una bandiera che sventola su nessuna asta.
Odio il mio Paese che è ipocrita come una faccia di plastica.
Si dondola eternamente su di un amaca
come un avatar senza nessuna Itaca.
Natale, Capodanno Epifania,
solo tre parole che il tempo porta via.
Pesa la notte come una piuma
schiaccia solo chi non è al riparo
dentro le famiglie che non sono mai un faro.
Mangiate lo zampone o il cotechino,
le lenticchie per i soldi, e bevete magari vino.
Il mio vomito è rosso come un pachino
quest’ultimo dell’ anno, le dita in gola mi metto
rigurgitare il destino dentro il mio petto
come un disturbo alimentare un difetto.
Cucio parole per imbrigliare il tempo
nel mio orto mentale zappo pure il mio campo.
Parlo solo alle anime o alle carni infelici.
Allargo a dismisura le mie narici
per sentire l’odore di un dolore, che provo a provare.
Ma il dolore è un giaciglio personale
se lo tocchi l’offendi fai ancora più male.
Una bolla che non ha aria come respirare colla
per manomettere i giorni che non sono più caldi ne freddi
non hanno peccati da scontare se sanno di Odifreddi.
Non ho forza sono una scaricata molla
arrivo appena sul tuo tetto come una palla
per darti in mano una specie di panno
per odiare l’anno più che il capodanno.
Per raccogliere il dolore con una sola passata
e dire a Dio; invece dei botti di cantarti in petto una serenata.