Mbutu

Cuamu nu tesoru, si non si trova non è nu fhurtu.
Mi siantu viantu, supa nu bordu e nu mbutu.
Ti vighiu a tia seduta e l’atra parta
si uncunu u mova, scivulamu e parta a parta.
Quandu a via si sringia e ni ligarighia;
duapu ammu vena ncunu pemmu in stroghia.
Quandu pianzu ca tu pua essera a nu passu
m’arriva a faccia tua chi non vighiu spessu.
U ghjuarnu, ma ricuardu e pua ma scuardu
pemmu a pianzu cuamu a nu mara fhundu 
e cu na barca e cu na vela m’apuazzu navigara.
Prima a n’uacchiu pua a l’atru ancora
cuamu laghi chi nangianu culura
quandu arrivu vicinu esta nu spettaculu e vidira.
Scindu versu u miantu e costeggiu u nasu
arrivu a li labbra e nu puacu mi ripuasu 
ci porria puru naufragara e de sulu sopravvivira.
Sugnu caddi e sannu e tia, m’abbastanu u mi fhannu sognara. 
Basta mu respiri e i veli si gonfianu
pemmu a circunnavigu, mi basta nu sbadigliu,
supa a frunta m’abbandunu e mi ripighiu.
Si latri pua ti vidanu di ponnu dira:
“hai supa u frunta ncunu, chi ti vola amara.”

Religione

La chiave della porta ce l’ha Pasquale
una volta aperta ne sei il terminale
una scintilla  che è stata, ma non scompare
trapassa in una ingenua percentuale
tra quello che lasci e quello che non può morire.
Il disordine è un ordine al contrario
dove tutto ha un principio non velleitario
una contraddizione non un imbroglio
una perfezione con il suo martirio,
dimorano entrambi su un calvario
di un Dio nato uomo e fattosi Figlio.
Morire per vivere è il vero appiglio
resistere per amare dentro un Concilio 
che sia eterno e non sappia d’imbroglio
e dentro una Chiesa universale trovare l’orgoglio
d’affermare che tutto alla fine dei tempi 
ritorna ad essere una Verità che non empi.

Dio non ha l'Anima.


Abbandonati su un pianeta ho generati da una costola
evoluzione di uno scimpanzé o fottuti da una mela;
Iddio non ha potere, non distingue il bene dal male
è condannato ad obbedire ad un algoritmo potenziale
fatto di  Pace Libertà e Giustizia convenzionale.
Ecco la mistura primogenita di Dio,
il brodo dove l'Anima diventa Io.
Il  teatro sociale sulla terra è organizzato
Dio non ha un'anima l'ha data a l'uomo
per sentirsi libero e disumanizzato.
La sola relazione con Dio è l’esistenza del creato.
Dio è solo una caricatura di se stesso
uno mai nato, mai generato, mai stato fesso.
Dentro un'anima nata di gesso
scrive sulla lavagna della vita il suo riflesso.
Particella sub nucleare o primigenia
materia interstellare di una nenia
decisa di scoppiare in una veglia
da numeri sub-nucleari senza una sveglia.
Tutto è Dio e tutto è il suo contrario
non serve pensare di saperlo
distribuisce un disordine ordinario
in una espansione ormai decisa a superarlo.
Tutto è Anima non è corpo ne materia.
O tutto è materia, corpo, dentro un'Anima
che si genera e si rigenera millenaria
sfregandosi incessantemente su di una lima
che scintilla senza aver bisogno d'aria
ne di una ruota di scorta come un Dio che non è materia.
Credo che l'Anima poi si smonti
e per necessità poi si rimonti.
L'Anima si ripara con un'altra anima
e se la materia si fa mischiare con l'amore
l'anima è Dio e parla con i battiti del cuore.
In un ordine di perfezione e di energia
l'uomo è un'inventore dell'uomo stesso
generatore di una esistenza e un fracasso
che avrebbe un senso solo se Dio sarebbe un falso.

La marcia che mi manca. (per un cavallo nero)

Di ritorno, la mente ordina alla rinfusa i pensieri
che salgono con me sulla moto.
Non ho il casco per loro, ma aprono il vento
e sbattono senza essere garantiti ne assicurati
in un tragitto conosciuto a memoria.
Prima la prima e poi la seconda.
Ti sposti con disinvoltura ormai;
estensione delle ali gonfiati a due e mezzo.
Come una clessidra roteante
che prima preme, poi si scola,
ruminando dentro gli ingranaggi
le ore dei minuti passati come niente.
Terza e poi la quarta.
Fin quando non si scala;
la marmitta non sprotta.
Poi arrivi alla quinta poi alla sesta.
L’asfalto liscio e le braccia tremolanti
sotto il metallo caldo che ti sorprende
sentirsi amalapena sollevare il culo dal sedile.
Zavorrato di schiena proseguo
su ruote che girano senza fermarsi.
Poi la curva o il rincasarsi
mentre decelerando il colpo si sente.
Secco come un botto artificiale.
Scuro come un colpo senza colore.
Arriva un palpito e un bollore di sudore
un ricordo dall’asfalto poi risale.
Accostarsi e fermarsi per digerire
uno stridere di zoccoli con un cuore
soprassalto di sangue e dolore.

Come una seduta dall'analista.

Le ombre e i passi premono sulla sabbia
per arrivare dove l'umido è d'acqua.
Una lama di luce sfonda il mare
e le tempie si stordiscono del respiro 
che sulla risacca come un alito si sente.
Di notte gli amanti si stringono sotto la luna
in cumuli di abiti, lontani tra di loro si toccano.
Ombre di nero si alzano o da stese,
su un orizzonte di sabbia s'amano.
E' un disturbare l'amore, trovare il mare di notte.
Una crepuscolare luce fosforo, prima viene
poi va a finire dentro nuvole di passaggio.
E' lento il camminare, e il tempo spento 
diventa scintillio d'amore di sagome nere.
Lontano, più lontano dagli occhi
per non disturbare e per non essere visto.
Per non far crescere possibili imbarazzi 
interruzioni o fastidi incompatibili con le carezze.
Lontano fino alla fine della notte
coperto da un sapore di salsedine e alcol
con la luna, il mare e un pugno di sabbia
che sgranato come un rosario nelle mani
fa scivolare il tempo in una tregua di parole e di facce.
Un innesto di gioie ricordi e momenti
una notte di mare per essere contenti
e lasciare al giorno che viene;
i teli come per divano e il sole come lucernario.