Sindacalismo Calabriacratico.
Sindacalismo Calabriacratico.
16-sab-2016
Io mi sento un po' frastornato
quello che era già stato approvato
non ha una fine ma è precettato.
Diventa un resoconto per il portato
menomato di parole, per essere sfiduciato.
Una preghiera per essere garantita
costerebbe più parole penitenti
per poter essere poi esaudita.
Un atto che non comprende niente
è solo una sfiducia per una sola conta.
Segregata da un voto pur vincente
arrivato d’oltre e al di là del Pollino
la democrazia si scola con il colino.
Se fosse stata la prima volta
non sarebbe un quadro ne una rivolta
ma solo una scampagnata fuori porta
un confessionale per uno alla volta
un dire a Dio di chi è la colpa
per poi discendere e digerire la polpa.
Sono opposizione ma forse non lo sono
non sono maggioranza ne ho la panza
la politica è macchinosa sostanza
se ci si combina, la sola accondiscendenza.
Se non è servizio è solo una sedia
un’opportunità ceduta alla tedia.
Incontri da incolpare come pretesto
riunioni clandestine per far presto.
Bisogna rinnovare per progredire
essere convinti del proprio agire
e moltiplicare la base con il precotto
di un pizzino più che un verdetto.
Chi ne è firmatario rinuncia all’eredità
chi sottoscrive il garbuglio ha la paternità
di essere nominato mai votato.
Forse concentrico ad un fine già impostato
da una partecicratica partecipazione
si sfonda il principio della ragione
dentro una apparente sottomissione.
Il compagno che non parteggia
è costretto a parcheggiare
il nome e il cognome sull’altare
di un foglio bianco per poi contare
dentro una assemblea generale
che diventa minata da un pugnale.
Cosi si è trasformata la democrazia
colonia calabricacratica per solo mandar via.
quello che era già stato approvato
non ha una fine ma è precettato.
Diventa un resoconto per il portato
menomato di parole, per essere sfiduciato.
Una preghiera per essere garantita
costerebbe più parole penitenti
per poter essere poi esaudita.
Un atto che non comprende niente
è solo una sfiducia per una sola conta.
Segregata da un voto pur vincente
arrivato d’oltre e al di là del Pollino
la democrazia si scola con il colino.
Se fosse stata la prima volta
non sarebbe un quadro ne una rivolta
ma solo una scampagnata fuori porta
un confessionale per uno alla volta
un dire a Dio di chi è la colpa
per poi discendere e digerire la polpa.
Sono opposizione ma forse non lo sono
non sono maggioranza ne ho la panza
la politica è macchinosa sostanza
se ci si combina, la sola accondiscendenza.
Se non è servizio è solo una sedia
un’opportunità ceduta alla tedia.
Incontri da incolpare come pretesto
riunioni clandestine per far presto.
Bisogna rinnovare per progredire
essere convinti del proprio agire
e moltiplicare la base con il precotto
di un pizzino più che un verdetto.
Chi ne è firmatario rinuncia all’eredità
chi sottoscrive il garbuglio ha la paternità
di essere nominato mai votato.
Forse concentrico ad un fine già impostato
da una partecicratica partecipazione
si sfonda il principio della ragione
dentro una apparente sottomissione.
Il compagno che non parteggia
è costretto a parcheggiare
il nome e il cognome sull’altare
di un foglio bianco per poi contare
dentro una assemblea generale
che diventa minata da un pugnale.
Cosi si è trasformata la democrazia
colonia calabricacratica per solo mandar via.